buzzoole code A Paul's Life: maggio 2007

lunedì 28 maggio 2007

sabato 19 maggio 2007

"C'è solo una cosa da fare... pavoneggiarsi..."

Cenni Preliminari
L'Uomo Ragno è il mio supereroe. Va oltre il "preferito". È mio. Quel giorno di marzo del 1993 in cui acquistai, dopo il passaggio della Milano/Sanremo il mio primo, stupefacente numero (e fumetto, in fin dei conti) dell'Uomo Ragno (#116, ...quel che luccica! -- Dio, che emozione solo a riguardare le copertine interne), fu colpo di fulmine. Non corrisposto, come al solito, ma ci fu. Quel giorno divenne uno dei momenti definitori della mia esistenza. Saltando tutta la parte della rimembranza strappalacrime, vi basti sapere che, dentro di me, il mantra del grande potere, grandi responsabilità riecheggia da allora. Non sempre.
È quindi con il misto di terrore ed eccitazione tipico del fan (e del nerd nel mio caso) che, nel giugno 2002, entrai nella sala in cui, finalmente, avrei visto il mio eroe bucare le 2 dimensioni di carta e china e muoversi a 24 fotogrammi al secondo. Spider-Man fu una grande esperienza, un grande film, ma non abbastanza.
Venne poi il 2004, e portò il secondo, grandissimo, magnifico Spider-Man 2, dove il mio eroe buca anche la terza dimensione dello schermo, e mi tocca, di nuovo, l'anima.
Tre anni dopo (circa), finalmente, il mio eroe torna al cinema. Ma stavolta è un po' restio a riabbracciarmi.


"People, Get Up and Drive your Funky Soul"
Andiamo immediatamente al sodo. Spider-Man 3 è un gran film. Voglio dire, con tutti i suoi (pochi) difetti, rimane un film attaccabilissimo, ma comunque porta a casa la pagnotta con gran dignità. E mestiere.
Sam Raimi probabilmente avrebbe preferito lavorare con una sceneggiatura migliore. E si vede, ci sono alcune scene, e in particolare quelle dedicate all'Uomo Sabbia, che sono lampantemente studiate fino all'ossessione (e mi riferisco in particolare alla magnifica "ricostruzione" dell'Uomo Sabbia, e alla "morte" dello stesso nei pressi delle fogne, quando l'esplodere dei giunti avvicina sempre più alla sconfitta quanto e come colpi di pistola), segno di una fiducia su uno script più solido, più compatto e strutturato. Cosa che il film si sarebbe meritato: le tematiche in ballo erano pesanti per un film di supereroi. Il lato oscuro. Il ritorno all'origine. La gloria. La grandezza. Il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente. Tematiche che il film riesce a toccare, ma senza abbracciarle in pieno (al contrario del precedente, dove la trave tematica portante del "potere e responsabilità" torna e rafforza il plot con clamore devastante), pur incastrandole abilmente in una struttura narrativa, che, per almeno metà film, funziona a meraviglia. Fino all'unione con il simbionte, il film scorre a meraviglia, tutto è al posto giusto: poi, fatalmente, qualcosa comincia a gracchiare. Ecco quindi il simbionte alieno, metafora azzeccatissima del declino di un Peter Parker un po' più egoista, che perde gradualmente d'umiltà e "contegno" (fino al magnifico climax della scena funky, forse la migliore della pellicola): però diciamo che l'arrivo e l'introduzione di questo "personaggio", di questo catalizzatore, non convincono a pieno... forse per la gratuità del suo sbarco sulla Terra.
Il film poi procede un po' zoppicando: le sottotrame di Harry e dell'Uomo Sabbia procedono indebolendosi, il secondo in particolare soffre di un ritorno in scena un po' improvviso, che va a detrimento di una caratterizzazione e di un background che potevano funzionare molto meglio se portati verso una conclusione, ma che vanno perdendosi ai fini del mega-super-bombardoso-e-glorioso-scontro finale.
Ed eccolo quindi, il Gran Finale: il simbionte, fresco di unione con il fotografo-bastardo Brock, tesse la sua tela di vendetta coinvolgendo anche l'altro villain, e prendendo come esca la sempre amabile Mary Jane (interpretazione e sviluppo complessivamente positivi). Il nostro amichevole Uomo Ragno di quartiere non può far altro che lasciarsi definitivamente alle spalle la parentesi dark e tornare in pompa magna a menar cazzotti ai suoi nemici, coadiuvato da un Harry fresco fresco di conversione (via deus ex machina molto gratuito, purtroppo), in un team-up a squadre spettacolare e ben studiato (anche se le due scene d'azione iniziali, ovvero l'inseguimento Peter-Harry e la scena della gru, sono sinceramente su un livello ben superiore). Risultato: Venom sconfitto, Harry ammazzato e Flint Marko perdonato. Tutto questo terzo atto, al di là della riuscita quadratura del cerchio sui personaggi portanti di quella che ormai possiamo definire trilogia, appare sviluppato con fretta e poca cura, soprattutto se confrontato con il primo atto.
Ora, qual è il principale difetto della pellicola? Ironicamente, quello del suo protagonista: il voler strafare, il voler pavoneggiarsi, il voler dimostrare a tutti costi una bravura e una "potenza" di mezzi che, alla fin fine, non viene padroneggiata, andando a discapito del risultato finale. Come già detto, Raimi avrebbe potuto lavorare su una sceneggiatura più solida, è ineccepibile, e forse avrebbe potuto fare più pressione per averne una.
Ma l'Uomo Ragno c'è. C'è tutto. C'è la sua goffaggine di "secchione del Queens". C'è il suo cavalcare l'onda del proprio successo, tipico del Parker fumettistico pre-Gwen Stacy. Peter c'è, ed è per questo che dico che tutto il film sarebbe condensabile in quella scena funky, perchè, sembra curioso, le tematiche della pellicola lì trovano una rappresentazione a mio avviso perfetta.
Ed è per questo che, alla fin fine, dico che è un gran film, al di là delle menate tecniche: il mio Peterone, quello che ho conosciuto da bambino, è ancora lì, come nei due film precedenti, come nelle cataste di fumetti che mi porterò dietro per il resto della vita.

Forse il finale è affrettato anche qui, mi sa.

Freak out!
Paolo.

venerdì 4 maggio 2007

C'era una volta un Paolo

C'era una volta un Paolo, un Paolo innamoratissimo, un Paolo molto sfortunato in quel campo. C'era una volta Paolo che vuole lasciarsi tutto alle spalle, vuole diventare "new and improved". C'era una volta Paolo che scrive una lettera di sfogo, la lettera definitiva. La lettera mai consegnata. C'era una volta Paolo che, ormai libero (forse) del peso, diventa effettivamente 'new and improved'.

Ecco quella lettera mai consegnata. I tempi sono maturi, e tutto è talmente dietro le spalle che non pesa neanche rivelarla al mondo. Anzi, rileggendola, si sorride molto, e si sente l'eco lontano dell'amarezza. Ho "beepato" il nome, non vorrei lasciare tracce magari un po' imbarazzanti.

Cara ********,
non credo di sapere quello che sto facendo, ma lo faccio soprattutto perchè ho voglia di scrivere il tuo nome, e il tuo nome, anche se ho il raffreddore, mi ricorda il tuo profumo. Bella frase, eh? Peccato non averla detta prima.
A questo punto mi viene in mente: "ehi, basta, puoi finirla qui", ma qualcosa dietro al cuore mi dice "vai avanti", e qualcos'altro sotto (al cuore, s'intende) ripete la stessa cosa, anche se a questo punto brancolo nel buio.
Ho appena finito di fissare il foglio; per tre o quattro minuti non ho fatto altro. Credo che questo sia una specie di sfogo, perchè di solito quando la pentola a pressione che ho al posto del cuore è in procinto di esplodere, trovo sempre qualcosa che apre la valvola di sfogo. Ma adesso non ho proprio niente che la sostituisca, e mi devo arrangiare.
Perchè... sai, essenzialmente uno scrive roba tipo "ti amo", no?... ma sarebbe perfettamente inutile, visto che a) lo sai; b) non mi ricambierai mai; c) non lo so. E allora cosa faccio, scrivo un po' di minchiate? Sì. Visto che non so fare nè dire altro, scrivo minchiate. Alla fine, se mi metto a scrivere frasi poetiche con molto pathos e molto phigos (nel senso dei fighi - poi il greco lo sai meglio di me), finisce male per entrambi. Io mi ci troverei a scriverle, ma tu non ti ci troveresti a sentirtele dire - poi finisce che quando faccio delle cose belle per te (vedi Natale), il solo compenso è un 'grazie' al cellulare... non che pretenda molto, ma venderei i miei genitori per un 'grazie' in viva voce, in vivo corpo, e - soprattutto - in viva genuinità. Però chi si accontenta gode, anche se sono tre anni che non godo. Va beh, mi esalto a volte, ma passo tre quarti del tempo a spezzettare la mia autostima e a rimontarla. Una volta è venuto fuori un coniglio.
A questo punto dico "va beh, potresti finirla qui", ma, seppur più soddisfatte, le parti del corpo di cui sopra desiderano ancora sfogo.
L'idea era quella di scriverti minchiate, e ci sto riuscendo molto bene. Poi un giorno mi farai sapere... o se non a me direttamente, a qualcun'altro, tanto poi lo sai che me lo dicono lo stesso. Non capisco: non fai prima a dirmele prima di persona, anche quelle che non mi vuoi dire nè di persona nè niente? Si risparmia tempo, e stiamo meglio entrambi. Va beh, ho capito, sono uno stoccafisso surgelato. Ma il ghiaccio comincia a sciogliersi. E c'è un mare in cui tornare a nuotare. E fare fish, fish, fish. Poi arriva il gabbiano e mi porta via.
Ok, mi sembra di aver scritto una buona quantità di cazzate. Tu che ne dici? Ne vuoi un altro po'? Io ci sono, tu chiedi, e io faccio ancora un po' il pirla, tanto sai, mi viene bene, soprattutto il sabato sera.
Cordialmente,
Paolo.



E ora, let the sfutt begin.