buzzoole code A Paul's Life: agosto 2009

sabato 8 agosto 2009

Vedi Salerno e poi torni - Day 7

Day 7 - 31/07/2009
ore 11.30 - Ultimo risveglio nella lussuosa camera al GHS. Ultima colazione. Ultimo Montenegro alla goccia per Martino. Ultima possibilità per rubare le marmellatine, che però dimentico sul tavolo.
Salutiamo Francesca, the Coordinatrix, che approfitterà del weekend per vedere Pompei e Napoli, e cominciamo a realizzare che la festa è finita.
Simone e io torniamo in camera e, con in sottofondo Rai News 24 e scambiandoci l'ultima selva di stronzate, prepariamo le valigie. L'inserimento dell'enorme fotografia regalatami da Nicola mi costringe a ripensare l'assetto della situazione molte volte, ma alla fine non c'è scampo.
Alle 11.30, un ultimo sguardo commosso all'arredamento, e chi s'è visto s'è visto.

ore 14.45- Ci troviamo nella hall, e dobbiamo ammazzare parecchio tempo. Almeno fino alle 13, ora in cui Zio Peppino ci ha garantito il pranzo giù all'Embarcadero. Attraversiamo per l'ultima volta la città, le casette di Barbie originali sui balconi, qualche ultimo vicoletto che ci eravamo persi, e con Marta e Nicola varianti a raffica sul cognome di Miki Gorizia - mannaggia a me quando l'ho chiamato Miki Gorilla...
Ne approfittiamo per un ultimo salto a Santa Sofia, dove salutiamo Petrone e ho modo di consegnare le caricature di Apolito, Lombardi e Chiara - che ho rifatto in modo più soddisfacente dopo colazione - a Chiara stessa, che sembra molto divertita dall'iniziativa.
Next stop, the Embarcadero: ad accoglierci, la splendida immagine di un Martino, rinnovato nello spirito e nel vestiario, appena uscito da una nuotata nel tratto di mare non proprio pulitissimo su cui sorge il ristorante. Appoggiato a una ringhiera, Davide canticchia "Dice che era un bell'uomo e veniva, veniva dal mare..."
A pranzo, la fobia da cozze spinge molti a rifiutare il primo piatto - spaghetti e cozze -, che invece Davide inforca con gusto - e un sospetto di masochismo. Notiamo che il povero Miki Gorizia è solo soletto al tavolo e lo invitiamo a unirsi a noi, anche per riequilibrare il nostro karma - ma in realtà sta aspettando i suoi compagni, com'è giusto che sia. Anche il finora taciturno scultore-fumettista Luca Caimmi, emerso dal limbo giusto ieri, entra nel nostro "algo-ritmo" umoristico, e, per quest'ultima oretta, ci sentiamo una grande famiglia. Anche Miki Gorizia, che un po' temo, mi dedica una scrollatina di spalle con risata - a mò di "stronzolino..." - quando gli regalo anche la sua caricatura. È un bel momento.
Dopo pranzo, ci dirigiamo per l'ultimo caffè al De Rosa e salutiamo gli amici di Forlì, in partenza automobilistica. È demenziale salutare per davvero Nicola, dopo la giornata a ricordare le accuse della scrittrice Claudia "Cardinale" Cavaliere di aver copiato le foto da un fantomatico Vogue del '98 (sì, ok, era per dire...), e a scambiarci dei commossi "a presto" provvisori...
Torniamo momentaneamente all'Embarcadero, per salutare e ringraziare Chiara, i Cadillac e tutto il cucuzzaro. Dopo l'ultima foto ricordo davanti al ristorante, siamo pronti, anche se già un po' nostalgici, per l'ultimo miglio.

ore 18.10 - And then there were seven: Paolo, Marta, Martino, Davide, Riccardo, Simone e Alessandra. Il primo nucleo di GAI Team.
Il nostro pullman per Napoli Capodichino parte giusto giusto alle 17, e abbiamo un'oziosa ora e mezza da riempire nella hall del GHS. Davide e Riccardo ci allietano con un concertino da brividi piano-voce, con cover di Antony and the Johnsons, Tim Buckley, Radiohead, Paolo Nutini, che portano un'ultima ventata di creatività, con me e Simone che pasticciamo sui blocchetti, Marta e Alessandra che scattano foto e Martino che legge.

Trolley in mano e ultimi scalpiti di Vasco Brondi in gola, ci dirigiamo alla stazione dei pullman e ci dirigiamo all'aeroporto. Tempo di fare il check-in e mi accorgo di non avere più addosso la macchina fotografica, che mi era stata prestata con eccessiva gentilezza dal mio amichetto Bone.

ore 21.30 - Corro al pullman, non c'è. Chiamo Chiara, all'Embarcadero non è rimasto niente. Chiamo l'hotel, zero. Spero di averla messa in valigia per qualche motivo, ma so di sicuro di non averlo fatto. Ho un senso di colpa terribile, e l'unico modo per distrarmi è ascoltare i due geni che stanno facendo le parole crociate a voce alta al bar dell'aeroporto: "Mmm, tra l'Ecuador e il Perù.... S... Somalia! Ci sta, ci sta!"; "Sta bene sui maccheroni... macio? Sarà micio!"; "Ha cantato "Quello che le donne non dicono"... Fiorella M... Mannini!".
Alle 19.10, siamo già sull'aereo. Per ingenuità, siamo saliti dalla scalinata anteriore, non considerando il fatto che ci sono stati assegnati i posti in fondo all'aereo. Grandi geni, ma grandissima anche la gentilissima signora spazientita che pretende di farci sedere in venti secondi perchè non riesce a passare.
Sul volo, stanchi di una giornata di MikiQualcosa, prendiamo di mira il nostro carissimo Simone Ludovico, con una serie di varianti sul titolo del suo "In te spero". Visto che ho già un contratto con la Mondadori per la pubblicazione di tutta la lista, non mi è concesso riportarne alcuno in questa sede.
In barba ad Alessandra, convinta che non si sarebbe ripetuta la nostra fortuna dell'andata - in cui, ricordiamo, ci era stato fornito un croissant ghiacciato, eccoci dei simpatici vassoietti di carta con minipanino e vaschettina d'acqua, un po' come le ciotole per i cani. Lo snack viene dilaniato in tredici millisecondi, ma il disponibilissimo stuart, di sua spontanea volontà - e non sto scherzando -, ce ne fornisce altri a profusione...
Il massimo degli splendidi rapporti con questo splendido stuart arriva alla fine del volo quando attendiamo di uscire dalla porta posteriore, mentre tutti gli altri passeggeri sono scesi dalla porta anteriore. Lo stuart era talmente divertito dal nostro accalcarsi lì in fondo senza renderci conto di niente, che è stato zitto tutto il tempo a sogghignare tra sè. Genio.

ore 0.00 - In pochi minuti, ci riappropriamo delle valigie - senza macchina fotografica - e prendiamo il pullman che ci porterà in Stazione Centrale, a Milano. Qui, riempiamo altre quattro pagine di varianti di MikiGorizia, sapendo che gli altri passeggeri ci staranno odiando. Alla fine, il più simpatico tra loro ci rivela che ormai il mantra gli è entrato in testa, e ci soprannomina "Gruppo dei Filologi Pazzi". Ne siamo orgogliosi.
Alle 23 siamo in Stazione Centrale, l'ultima tappa del nostro grande viaggio. Il treno che ci porterà Pavia è già fermo al binario, per cui saliamo e ci scambiamo le battute finali.
Il primo a salutarci è Simone Ludovico, che ci abbandona a Milano Centrale, con un abbraccio e una bella limonata al finestrino del treno.
Poi, arrivati a Pavia, il commovente abbraccio finale e la promessa a ritrovarci quanto prima. Mammà mi è venuta a prendere, carico il trolley e via verso casa.

Titoli di coda
... preparate i fazzoletti...

innanzi tutto, devo ringraziare Roberto e Francesca, senza
i quali non avrei potuto esporre i miei lavori, ed ergo neanche vivere questa esperienza...
grazie infinite per "l'investimento" che avete fatto, in me e nelle altre belle persone che avete scelto...
poi un ringraziamento va a tutta l'organizzazione di SalernoInVita,
che è stata sempre magnificamente presente e generosa, a partire dalla splendida Chiara Varriale, nonchè Ilaria e gli altri ragazzi, per arrivare ai "capoccia" della manifestazione, Paolo Apolito, Roberto Lombardi, che sono stati quelli con abbiamo avuto più contatto, e gli altri...

... poi i miei compagni di avventura, in ordine di apparizione:
Alessandra... è una forza della natura e perchè raramente ho sentito parlare qualcuno
della propria arte con tale passione e con tale oggettività...
Davide, Riccardo e Martino, tutti insieme, perchè c'è stato feeling e stima praticamente immediati... e poi per l'assurda quantità di risate che ci siamo fatte dal primo secondo...
Marta, anche lei una forza della natura, anche con lei grosse risate dal primo istante e feeling immediato...
Simone, per la sua positività incrollabile e la sua vitalità zen quasi inumana...

i ragazzi di Biella, per essere come sono, dei liceali fuorissimo con tanto da dare a tutti,
e la loro Prof, e avrei ucciso per avere una prof "umaana" come lei...

i ragazzi di Forlì, perchè vi ho frequentato così tanto che gli ultimi due giorni
avevo la vostra "s"... e a parte questo, perchè è stato uno spasso scambiare
battute e opinioni con Nicola, e cercare un modo nuovo per giocare con il nome di Sole...

i Cadillac, perchè hanno spaccato, mi hanno fatto spaccare - modestamente -, e perchè sono dei pirloni...

i Sidera Ves, per essere esistiti...

i ragazzi delle Residenze d'Artista, che ci hanno dato modo di parlare di loro, anche se non c'è sempre
stata l'occasione di parlare con loro... ma hanno tenuto il sangue caldo e in circolo, insomma...
(e in particolare ringrazio Carla Vitantonio, per avermi letto e dato un feedback, e, per ingraziarmi il karma, anche Miki Gorizia, che per quante volte l'abbiamo "nominato" sarà diventato sordo)...

ringrazio Salerno, per essere una città stupenda e ospitale...

ringrazio tutte le istituzioni che hanno sganciato il dinero per rendere possibile questa cosa meravigliosa...

e ringrazio tutti, perchè è stata un'esperienza umanamente e creativamente pulsante,
viva, straordinaria... è stato davvero un continuo fluire di proposte, scambi, idee e soprattutto
emozioni... e quindi persone...

grazie, e alla prossima

venerdì 7 agosto 2009

Vedi Salerno e poi torni - Day 6

Day 6 - 30/07/2009
ore 12.10 - Simone rientra in camera alle 6 del mattino, accompagnato dal clangore della borsa dei vuoti di birra. Meravigliosamente, un paio d'ore dopo è up and running pronto per la gitarella a Erchie che Riccardo ha messo insieme, guest starring Marta, Federica, Francesca e Sole. Simone riepiloga gli ultimi capitoli del Party on the Roof, che hanno visto protagonisti Martino - che ieri sera, appena si è scheggiato il collo di una bottiglia di birra, ha rotto la sua flemma proverbiale con un "cazzo fai?" - e Nicola, che hanno aspettato le 7 per andare direttamente a fare colazione con un buon Montenegro. E poi andarsi ad ammazzare di sonno.
Saliamo sul pullman SITA che ci porta ad Erchie, ma non azzecchiamo la discesa e finiamo a Maiori. Beh, poco male, l'importante è il mare: ci accaparriamo una bella metà di mellone e ci dirigiamo verso la spiaggia libera. O meglio, raggiungiamo la spiaggia libera alla fine del tratto di costiera, solo per scoprire che c'era un percorso che portava direttamente lì.

ore 15.30 - La mattinata trascorre serenamente, tra bagni in mare, rimembranze infantili dei frammenti di vetro smussati dall'acqua e senza pranzo... d'altronde, l'anguria ci sazia a sufficienza. Mi vengono commissionati altri disegni, che eseguo sotto il Sole a picco con la sola copertura dei pantaloncini, che metto sulla testa, grondando sudore anche dalle pupille.
Presto, sono già le 14.35, e dobbiamo essere di ritorno a Salerno per l'ultimo Laboratorio con il mitico Roberto Lombardi: il pullman di ritorno è sovraffollato e la strada un po' troppo tendente al curvilineo - stranamente vado in nausea anche se solitamente non soffro-, per cui mi concentro sull'unica cosa possibile le caricature. Faccio in tempo a farne tre (la triade Miki Gorizia, Paolo Apolito e Lombardi), mentre qualche ragazzina adocchia e commenta il mio lavoro - più tardi, Francesca mi chiederà se ho mai cuccato con i disegni. La risposta è no, e proprio per la sindrome del chitarrista che spiegavo la sera precedente: il chitarrista suona, gli altri limonano. Dura la vita dell'artista.

ore 18.45 - Giunti a Santa Sofia, facciamo la conoscenza di Eva, il bellissimo cane di Apolito che scorrazza indisturbata nella sala prove. Lombardi chiude i fili in sospeso con gli argomenti dell'incontro precedente, e ci lascia un po' di terreno per parlare degli ultimi giorni. È partito un forum davvero interessante... peccato per l'assenza dei residenti, ma Lombardi ci spiega subito che per vari motivi non è stato loro possibile presenziare. Comunque, è stato un fertilissimo terreno di confronto, in cui abbiamo parlato sia delle singole esperienze artistiche (con particolare riguardo allo spettacolo dei Kol, che ha ricevuto forti apprezzamenti), sia sull'organizzazione dell'evento (e qui, applausi continui a Chiara, che ci ha fatto vergognare un po' meno del nostro lussuoso soggiorno al GHS, che, ci rivela, è costato pochissimo), che molti di noi avrebbero voluto più incentrata sul confronto e sulla "formazione", cosa riuscita solo in parte, per stessa ammissione di Apolito e Lombardi, anche a causa di tagli di budget e rivolgimenti burocratici.

ore 21.35 - A fine laboratorio, ci fermiamo un po' a scambiare qualche battuta. Finalmente, sono arrivati i cataloghi, in quantità industriali. Ognuno ne porterà a casa un chilo, e si divertirà a sfottere gli altri per le loro biografie bizzarre. Rileggo la mia, e mi fa schifo.
Poi, tutti a Sant'Apollonia per l'installazione audio di Dario Lazzaretto "Male magnum" e quella fotografica di Natalia Saurin.
La prima è un'opera brillante e lucida nella forma - l'ipocrita dogmaticità della filosofia del reality show inscenata attraverso una finta liturgia con voce salmodiante che recita il regolamento del Grande Fratello in latino -, ma smussata nelle finalità: per quanto sia induscutibile che questa forma mentis degenere e superficiale stia dilagando (e, me ne fregio, ne ho parlato anch'io in "Tanto vale tutto"), siamo davvero sicuri che sia un tale "tabù" parlarne? Piuttosto, una critica dovrebbe indirizzarsi a corrodere le fondamenta di questa idiot-logia, non ha denunciato un problema che - de facto - esiste relativamente. meglio, non è un tabù vero e proprio, quanto un sonno della coscienza, ma qui, come dichiarato dall'autore, l'oggetto di critica è altro. È il tabù medesimo. Male Magnum va però ricollegata all'altra installazione audio, quella presente in The Experiment (vedasi Day 4), dove il tabù è quello del parlare del Potere e, nello specifico, del potere mafioso: qui la parola tabù ha indubbiamente più senso, anche se permane una critica che, a mio parere, tenta di forzare il lucchetto senza riuscirci. È un discorso che andrebbe approfondito.
L'altra è una ricerca a metà fra Casa e Chiesa, con alcune vecchie signore salernitane fotografate con i coltelli usati nella quotidianità sullo sfondo delle tovaglie della festa: sono piccole religioni domestici, a metà tra sacralità e ironia, di Madonne dolorose che hanno portato avanti famiglie intere sul groppone. Ok, l'ho copiato paro paro da quello che ha detto lei, ma c'è poco altro da dire, oltre che al fatto che è un lavoro non immediatissimo, ma "incuriosente".
Dopo la visita, riempiamo la libera uscita fino alle 21 assistendo al soundcheck dei Ministri in Piazza Gioia. Certo che Davide, il cantant-bassista, capelli cortissimi e petto nudo e glabro, sembra davvero un dodicenne... Il simpatico cantore, finita la massiccia prova dei suoni, saluta una signora affacciata alla finestra con "Non si preoccupi, signora, abbiamo finito!". Che compagnone.
Tra una mozzarellina per coprire il buco allo stomaco e l'altra, ci rechiamo a Palazzo Genovese, dove sta per iniziare Una valigia piena di dollari, monologo di e con Carla Vitantonio, nello scenario di due scalinate simmetriche che danno su un cortiletto. Davide è esaltato dalla cornice scenica: effettivamente, l'impatto visivo e acustica sono tali che farci un concerto sarebbe quantomeno superbo.
Lo spettacolo parte dalla reale esperienza d'infanzia e adolescenza dell'attrice, che ricostruisce episodi della sua infanzia in Molise sul filo di una nostalgia affettuosa e riconoscente, tra streghe, lupi mannari e case che scompaiono per via delle frane e soprattutto del terremoto. E proprio il terremoto costituisce una sorta di altro personaggio della vicenda, con cui dover convivere. La protagonista è bravissima, non c'è che dire: riesce a tenere il pubblico restando mezz'ora seduta - certo, estendosi, narrando con il corpo, richiudendosi, recitando insomma, ma seduta -, con una dinamicità non indifferente, su un testo brillante e coinvolgente. L'unica nota negativa, se vogliamo proprio fare i cattivi, è un po' l'automatismo della risata: certi momenti sembrano costruiti necessariamente per far ridere, per spingere il dato bottone e scatenare l'ilarità, e non si curano molto di celare "il meccanismo".
Finito lo spettacolo, a cena all'Embarcadero, fiduciosi del fatto che riusciremo a fare in tempo a vedere i Ministri.

ore 2.30 - Speranza disattesa dai fatti: probabilmente il fatto di voler terminare le caricature di Lombardi e quella di Chiara - che non mi soddisfa - mi fanno perdere troppo tempo. Torniamo in piazza a concerto finito, ma in tempo per goderci tutta l'esibizione di Vasco Brondi, aka Le Luci della Centrale Elettrica.
Brondi è praticamente la stella del mondo indie del 2008: il disco, ascoltato la prima volta, dice poco a livello musicale. Incantano i testi, immaginifici, rabbiosi, tesi, saturi, e l'interpretazione, gridata, un interruttore che passa da un setting "normale" e un urlo che raschia le corde vocali, ma musicalmente... sono i soliti accordi... Beh, il live fa cambiare idea anche sulla musica, potente e rabbiosa senza troppe concessioni ai distorsori, sapiente nell'aggiungere una viola ispirata e magica. Brondi visibilmente trae energie da un pubblico che tratta "male" - scaccia chi tende un po' troppo le mani, a fine concerto, dovendo staccare la spina, concede un brano solo acustico non amplificato, e zittisce i fan che tentano di intonare un coro -, ma che esalta con la sola forza delle sue canzoni.
Io e Riccardo, che seguiamo il concerto spalla a spalla, siamo incantati e divertiti, e proseguiamo nell'imitare il buon Brondi fino al ritorno in albergo. Ricordatemi di farlo poco, perchè spacca le corde vocali.
Ci diamo appuntamento al Roof... ma il roof è chiuso. Maledetti matusa, sabotano i nostri incontri ggiovani. Andiamo a trovare un attimo Martino nella stanza-appartamento di Davide e Riccardo: ci apre la porta uno zombie pallido con uno sguardo inconsapevolmente truce e terrorizzante. Abbandoniamo Martino al sonno in tutta fretta, solo per incontrare il mitico clone di Julio Iglesias nel corridoio, che apre la porta, con conseguenze esalazione di miasmi mefitici, e dice "Dai ragazzi, facciamo lo scherzone. Chiamate in reception e dite che le ragazze disturbano... dai! Dai!". Di tutta risposta, gli sorridiamo un po' nauseati e ce ne andiamo.
Ci ritroviamo nella hall, dove, lo sappiamo, si consumeranno gli ultimi saluti: Federica di Forlì partirà in mattinata, i Sidera Ves si infileranno sul loro furgoncino, e i Biellesi prenderanno il treno per casa alle 6 del mattino.
La professoressa di Biella mi ferma per farmi i complimenti per Corteccia, e la cosa mi imbarazza un po': mi dice di aver sentito il quadro particolarmente suo - fino a pochi mesi prima era incinta... insomma, la mia volontà di fare un'immagine embrionale, che esprimesse in potenza la vita di una donna, ha colpito nel segno. Le prometto di mandarle il quadro, e un po' mi emoziono.
Mr. Emotion is Dead, Nicola Vandi, regala stampe delle sue fotografie con dedica: a me tocca questa, con "Mi sembra ancora di vederti scatenato su quel palco. Impagabile". Ho colpito nel segno.
Ci scambiamo indirizzi e baci, baci e abbracci, abbracci e battutacce. In particolare verso Nicolò, che per qualche motivo sembra essere particolarmente fuori dal mondo: l'emozione non ha voce, e lui non riesce manco ad alzarsi dal divano.
La commozione un po' si scioglie quando realizziamo che molti di noi si rivedranno domattina, ma poi risale quando realizziamo che proprio domani... è l'ultimo giorno.

Vedi Salerno e poi torni - Day 5

Day 5 - 29/07/2009
ore 10.00 - Se c'è una cosa che ho scoperto essere stupenda appena alzati, è salutare sorridendo a tutti. La colazione è diventata davvero il momento del catch-up di fronte a cappuccio, espresso, e brioche al bacon. Yummy-yummy.
Alle 10, eccoci pronti per la gita a Paestum, organizzata dal mitico team di SalernoInVita. La squadra comprende gran parte del GAI Team pavese - salvo Riccardo, Martino, Davide e Alessandra, impegnati nell'allestimento dello spettacolo di stasera -, gli amici di Forlì - genitori di Sole compresi -, artisti pugliesi e accompagnatori degli artisti pugliesi, i PastiKe, presenze abbastanza impalpabili, e tutta la sezione ritmica del primo gruppo che si esibirà stasera, i Cadillac 50: meeting Ivan, il batterista, e Diego, il bassista che ha dietro la chitarra elettroacustica!
La carovana parte, ma quando il pullman vira verso l'Embarcadero, temiamo tutti l'avversarsi delle voci per le quali una ragazza è stata male per via del cibo fornitoci da Zio Tonino. A quanto pare, i frutti di mare non hanno fatto che scatenare una condizione preesistente - anche se un'altra voce ci ha spiegato che i paramedici non sembravano molto sorpresi del fatto che la vittima avesse cenato lì... Invece, il buon Toupè ci ha preparato dei gustosissimi calzoncini alle melanzane alla parmigiana, che trovano temporaneo rifugio nelle calde viscere del pullman.

ore 14.04 - Alle 11 e 30 giungiamo ai Templi di Paestum, e subito veniamo rinfrancati dalle nostre stupende bottiglie di acqua Lèvia, la varietà naturale della Ferrarelle che noi Nordisti non ci siamo mai sognati di vedere. In effetti, di acqua gasata vera e propria non ne ho ancora vista, solo acqua effervescente naturale che, diciamocelo, farà anche bene, ma papillarmente... manca del retrogusto chimico che a noi della Pianura Padana piace sempre avere sul palato.
Alla richiesta della carta d'identità per gli under-25, mi accorgo di averla ancora in reception dal primo giorno... per cui, faccio spendere un po' di soldi al gentilissimo Comune di Salerno, aggiungendo ulteriore karma negativo alla situation.
A guidarci nella visita alle rovine greco-romane, in uno scenario a metà tra savana e film western, un uomo la cui saggezza supera ogni concetto di bene e male: Nunzio Daniele. La guida ci dà un'infarinatura di base della storia della Magna Grecia e dell'organizzazione di Paestum, spara a zero contro le nuove generazioni, ree di "andare in giro con la bottiglia di birra in mano", prospetta una catastrofe imminente, e dice qualche castroneria su Greci e Romani - che mescola senza pietà -, scatendando l'ira (repressa) dei "classicisti", in particolare Sole, che vorrebbero artigliarlo alla gola. Devo anche stare attento a quello che scrivo, perchè visti i chili di ego che si porta dietro (il suo biglietto da visita riporta "Guida Turistica e Attore non Protagonista nel film Pane e tulipani", per dare massima visibilità ai 24 fotogrammi in cui è inquadrato), ha tutta l'aria di uno che passa le giornate a googlare il proprio nome. Tra una filippica e la richiesta di fattura per la propria prestazione, Nunzio caro viene pedinato da un simpaticone che annota le sue perle e le trasforma in slogan, ma soprattutto dal grandissimo Nicola, che ha riempito una scheda SD di piani ravvicinati della guida, che, alla fine, reagisce con un "Se diventa ricco con queste foto, voglio il 10% dei guadagni".
Nunzio ci abbandona davanti al Tempio di Nettuno, ma noi ne approfittiamo per esplorare un po' la zona... i ragazzi di Biella, guidati dalla formidabile professoressa Deborah, vanno persino a disotterrare qualche mosaico tenuto deliberatamente nascosto per mancanza di fondi per il restauro.

ore 16.45 -
Facciamo il nostro ingresso nel Museo di Paestum, dove i responsabili ci riservano una gran carica di simpatia facendo storie sul nostro ordine di entrata. Eh va beh... Un museo pieno di vasellame a stomaco vuoto non è proprio il massimo, per cui, una volta osservato qualche esempio di arte sequenziale (abbastanza surrealista, in certi punti) estratto da tombe e monumenti, ci arrendiamo a una stanchezza impronunciabile.
Finalmente, Ilaria e soci, i ragazzi dell'organizzazione che ci hanno seguito fin qui, sganciano i panozzi, e possiamo strafogarci come matti di un cibo neanche il pastore tedesco mascotte
di Paestum - che ci sta dietro dall'arrivo - ha il coraggio di ingoiare. In barba alla sorte, me ne trangugio addirittura due - malgrado sospetti conseguenze nefande per il mio apparato digerente -, e poi tutti al pullman, che i Cadillac devono provare.
Nel viaggio, ho modo di parlare un po' con i ragazzi del gruppo (Io: "Aaaah, ma voi siete gli Chevrolet!", loro: "Ehm... i Cadillac", io: "Eh va beh, sbagliato macchina"), mentre, in un'atmosfera hippy, Andrea, Diego, Nicolò e Ivan si danno alla jam session e i miei blocchetti carichi carichi di disegni fanno il giro del pullman. Ivan mi chiede persino uno schizzo "rock'n'roll" da attaccare alla cassa della batteria... storia! Io lo eseguo in quattro e quattr'otto, sul pullman, nonostante le curve e qualche tratto d'asfalto sconnesso.
Intanto, Nicola e Giuseppe raccolgono la pecunia per il Secondo Party on the Roof, che stasera vedrà, come guest star, tipo seicento litri di birra autofinanziati.
Arriviamo al GHS, e congedati i Caddilaquis, diretti in Piazza Gioia per il soundcheck, il GAI Team si dà appuntamento per la sera stessa in Sant'Apollonia.

ore 21.00 - Dopo un riposino ristoratore, io e Simone decidiamo di dirigerci verso Santa Sofia, per dare un'altra occhiata alla mostra. Petrone, la guardia giurata, sta commentando tutti i quadri, tranne il mio - e me ne rammarico, e arriva persino a mostrarci i suoi lavori... o meglio, a darcene un rapido saggio. Ispirati alle figurine da colorare della Settimana Enigmistica, i quadri di Petrone sono stati tutti distrutti dalla di lui consorte, a cui, inspiegabilmente, non piacevano.
Mentre ci allontaniamo, incrociamo Alessandra, che intanto ha fatto raddrizzare con la forza il proprio quadro! Ci racconterà più tardi della terribile esperienza con Petrone, che l'ha pedinata durante tutta la visita e uscendosene infine con un "Non è che sei un po' nervosa?".
A Simone è venuta una voglia matta di macedonia, e ci incamminiamo verso Corso Vittorio Emanuele, e guarda chi ti ritrovo... i Biellesi! Facciamo i complimenti ad Andrea per il suo video - che, dichiara, con disappunto della Prof, ha una colonna sonora infilata all'ultimo momento - e a Nicolò per la sua scultura. Le opere dei poveri biellesi sono quasi tutte compromesse: manca l'acqua, si sono danneggiate durante il trasporto... la prof è simpaticamente irritata, ma niente che una passeggiata per il corso con i suoi studenti, e soprattutto con quei due decerebrati di Andrea e Nicolò, possa risolvere.
Simone finalmente riesce ad accaparrarsi la sua macedonia, e possiamo quindi dirigerci verso Sant'Apollonia, dove l'adrenalina e il nervosismo sono alle stelle... i Kol stanno per debuttare con "L'inconsolabile. Orfeo: variazioni sull'attimo".

ore 23.30 - Riccardo, Davide e Martino hanno fatto il miracolo. Beh, miracolo è esagerato, ma in mezz'ora sono riusciti a condensare un'intensità, una tensione, un'emotività impensabile. Riccardo è un Orfeo esteso, è il manichino di se stesso, si fa muovere dalle emozioni, coesiste in uno spazio uguale e diverso con la proiezione di Euridice... un fantasma, davvero, tanto è lontana, impalpabile, dolorosa. La sua voce, fusa con le musiche di Davide e Martino, o dal vivo, mentre canta nel rituale che lo porterà a lei, si moltiplica, diventa tante... è indescrivibile. Nessuno, a fine spettacolo, quando torna fra noi comuni mortali, può esimersi dal complimentarsi per il testo, ma soprattutto per la performance intensissima.
A seguire, il concerto d'addio di Julio Iglesias. Lo scarto tra i due spettacoli in cartelloni ci fa rabbrividire così tanto che siamo costretti a lanciarci in Piazza Gioia, dove i Cadillac stanno macinando successi di Elvis e Jerry Lee Lewis a una folla che ormai è impazzita e non fa altro che ballare. Ivan ha mantenuto la promessa, ed eccomi con il mio disegno, una parte della storia del rock! E non solo, i Cadillac prendono un po' di gente a caso dalla folla (alla fine siamo io, Simone, Sole, Martino e Davide, e all'improvviso uno sconosciuto) e ci costringono a ballare sul palco... io e Martino ridefiniamo il concetto stesso di ballo, con bordate al di là dell'umana comprensione e miei gesti di adulazione a un bassista che mi ignora. Fuckin' rock'n'roll!
Sceso dal palco, sudato e consapevole di avere fatto qualcosa di paragonabile a Jimi Hendrix che suona l'inno americano, intercetto lo sguardo pieno di stima di Nicola e degli altri, e sono felice.

ore 4.10 - Finalmente, salgono sul palco i Sidera Ves, i musicisti di Torino tanto bistrattati, che ora però dimostrano che anche in due e con la sezione ritmica praticamente dimezzata, possono portare avanti alla grande un concerto - con un paio di canzoni nuove, per di più. La bassista, in particolare, abbandona dopo due pezzi la quattro corde e si lancia in una performance con cajon quasi sessuale... sembra che ci stia facendo l'amore, con lo strumento - no pun intended.
Dopo la cena, in cui risolvo ancora qualche disegno a richiesta, ci prepariamo all'after on the Roof, che inizialmente diventa l'occasione per scambiarci le impressioni a esperienza quasi finita, poi diventa un happening di improvvisazione alcolico-musicale in cui intono Back in the USSR dei Beatles - unica canzone eseguita quasi per intero dal duo Andrea-Nicolò, che, ricordiamo, non conoscono il finale di nessun brano e poi vanno a suonare ai matrimoni - a monosillabi: "bababababababà-nanananananaaaa". Sole si addormenta in un angolo così tranquillamente che ce ne accorgiamo solo al suo risveglio, un'oretta dopo. Nel frattempo, Nicola si è scolato 4 bottiglie da 66 di Moretti, e qualche piano più sotto accorrono ambulanze e polizia per un incidente che coinvolge un motociclettista - che fortunatamente si procura un taglio alla testa - falciato da una macchina.
Alle 3.30, i sopravvissuti del rock emergono dalle nebbie dell'ascensore: Enrico e Francesca dei Sidera Ves si uniscono a noi, e si profondono in una jam session allucinante con Andrea e Nicolò. Il bonghista è letteralmente fuori, Francesca è ancora in orgasmo da cajon, Andrea accompagna Enrico che improvvisa un testo sulla bellissima serata in corso.
L'allegra compagnia decide per un after, ma a me cala un po' la palpebra e mi ritiro nei miei appartamenti, sicuro che Simone non tornerà in camera sano.



mercoledì 5 agosto 2009

Vedi Salerno e poi torni - Day 4

Day 4 - 28/07/2009
ore 10.15 - Il karma è una brutta bestia, lo dico sempre. Mi siedo solo soletto al tavolo della colazione - sono le 8, e il buon Simone sta schiacciando un bel pisolone -, e mi trovo accanto al Signor Ballerino della sera prima. Lo sforzo di non ridere è così grande che sbriciolo in maniera vergognosa le brioches che ho preso, e sono costretto a nascondermi dietro alla tazza del cappuccino, che consumo a grandi sorsate. Ustionandomi.
Alle 8.55 sono in Stazione FS, a due minuti due dall'albergo, con i biglietti in mano e Califano nelle orecchie. Sì, beh, approfitto del viaggio per portarmi un po' avanti col lavoro. Mentre prendo appunti per il prossimo massacro al cantautore trasteverino, comincia un vago sentore di abbiocco che corono mettendo su Le Luci della Centrale Elettrica - star della serata salernitana di domani. Alle 10.15 circa giungo alla Stazione di Vallo della Lucania, incubo dei miei viaggi in treno da bambino e adolescente. Mi piaceva un casino il viaggio notturno, che vi devo dire -- il solo sorgere del Sole mi dava la nausea, preannunciava la fine della traversata...
Scendo dal treno, e ad accogliermi ci sono la carissima Zia Stella, ma soprattutto il leggendario Zio Domenicaniello. Che non mi riconoscono.

ore 16.15 - È l'inizio del lunga traversata pomeridiana. Salgo sulla vecchia automobile di Zio Aniello, sulla quale scopro di essermi perso di poche ore il cugino Rosario, che non vedo da una decina d'anni, che l'elezione del nuovo sindaco di Ascea è stata salutata con l'abbattimento di alcuni alberi per impedirgli l'accesso in Mandia - la frazioncina che da cui è partita la Grande Avventura dei D'Alessandro - e raccolgo il consiglio di Zio sulle donne: se non hai soldi, fai pagare a loro. Lineare.
In una mezz'oretta giungiamo in paese, dove nulla sembra essere cambiato: è però sorto un nuovo bar e un nuovo negozio di alimentari. Per qualche ora, sarò ospite della casa di Zia Stella, un edificio a tre piani costruito qualche anno or sono grazie ad anni di sacrifici in Svizzera - e si sente ancora un certo influsso linguistico, con zia che proprio non riesce a pronunciare alcune parole in italiano, come tè freddo, che è diventato isstì. Il tempo per un espresso e qualche foto al paesaggio, poi riparto per andare a trovare nonno, che povero ormai sta solo nella sua casetta, con la sola compagnia di Ciccio, il suo cagnolino. Beh, ino...
Nonno mi ordina di preparare il caffè, ed eseguo. Ma appena è tempo di servirlo, dichiara candidamente che lui prende solo il caffè d'orzo... che si prepara esclusivamente da sè. Mentre consumo solo soletto il terzo caffè in due ore, ci si aggiorna un po' sulle rispettive vite - con nonno sempre a martellare sulle ragazze...
La visita è breve, zia ha già pronto in tavola e nonno è un po' testardo e non vuole unirsi alla combriccola. Lo abbraccio e lo lascio. Quanto meno sta bene.

Il pranzo è qualcosa di gargantuelico: cipolline selvatiche sott'olio, vino fatto da zio, gnocchi al forno, insalata, fragolino, le risate alle battute degli zii, la rapida visita di Zio Cesare (che mi aggiorna su un fantastico aneddoto: zio, che è muratore, non ha ricevuto il pagamento da un tizio. Qualche settimana prima, il dato tizio, assieme agli zii e a zio Cesare medesimo, stava assistendo in prima fila a una messa in una chiesetta poco distante, quando il parroco, nell'omelia, ha indicato - casualmente - proprio il tizio inquestione urlando "Date a Cesare quel che è di Cesare!"... impagabile). La conseguenza diretta è la caduta nell'oblio più oscuro.

Al risveglio, sono già le 15 ed è tempo di scappare. Non prima di essermi preso dello "stronzolino" da zia, perchè non ho usufruito del letto, optando per un più spartano sonnellino su divano.
Dopo una chiacchierata con zia Adelina, purtroppo non si può più procastrinare e si sale di nuovo nell'Aniello-mobile, che schiaccia il pedale e mi riporta alla stazione di Vallo della Lucania. Saluti, abbracci, e una bottiglia di tè deteinato San Benedetto non richiesta, e poi via verso il treno... che è stato soppresso.

ore 19.10 - Disegnare, ascoltare gli Ossi Duri, cercare di pensare alle cose della vita non serve. Tre ore di pullman sostitutivo. Che rabbia impossibile.
Arrivo in stazione, e devo pure aspettare in fila in farmacia per prendere altri Comped. Corro in albergo. La navetta per il centro è alle 19.30.

ore 21.45 - Avverto Francesca di un possibile ritardo, mi lancio in camera, e faccio una doccia in 3 minuti spaccati. Alle 19.25, mentre mi vesto, arriva anche Simone. Ci dirigiamo verso la hall: fortunatamente la navetta ci aspetta e scopro che, di fatto, ho sprecato la mia ipervelocità.
Dopo una corsa rally nelle vie di Salerno, che a questa velocità e con questi Sud Sound System sparati a palla dall'autoradio sembrano una nuova versione della sigla dei Soprano, eccoci a Sant'Apollonia, dove si sta radunando la folla delle grandi occasioni. Apolito, Lombardi, Amendola, sono tutti qui. C'è un po' di nervosismo nell'aria: stasera va di scena lo spettacolo delle residenze, il vero frutto di un mese di ospitate, una scommessa che ora vede la luce con Studio per frammenti di divenire (ovvero: dell'essere, del detto, del dire).
Uhm, un'ora dopo, alla fine dello spettacolo, tutto il pubblico, nonostante le lodi a caldo un po' sperticate di Apolito e Lombardi, è piuttosto confuso. Un'ora di "studio", appunto, di spettacolo non definito, costruito a onda, con frammenti giustapposti, metateatrali e vari. Uno spettacolo potenzialmente infinito, praticamente incomprensibile, senza una guida che faccia luce in un magamatico oceano referenziale e autoreferenziale che lascia piuttosto interdetti. Solo il foglio di sala chiarisce un po' lo scopo dello spettacolo, ma solo fino a un certo punto... anzi, non fa che evidenziare un'ermeticità un po' troppo ostentata. Peccato, perchè gli attori, Miki Gorizia, Ilenia Caleo, Aglaia Mora, Valentina Vacca e Serena Gatti, erano tecnicamente ineccepibili, preparatissimi, la mise en scene era sapiente. Peccato.

ore 3.30 - La cena consiste della pizza fritta del pizzettaro, prima di dirigerci verso la fantastica Villa Comunale, dove si sta per aprire The Experiment, l'altro - stavolta eccezionale - prodotto delle residenze.
Forniti di una borsetta molto stylish completa di cartella stampa e materiale d'ogni tipo, veniamo introdotti in un immagignifico mondo fatato, guidati dal "padrone della baracca"- Carla Vitantonio, munita persino di scopone-falce per tenere la folla sotto controllo -, costretta inizialmente a rispondere a un signorotto un po' maleducato che pretendeva di entrare - l'ingresso era riservato a 43 persone per replica -, poi facendoci avanzare in questo luna park decadente.
Prima tappa del percorso, l'installazione audio di Dario Lazzaretto con le parole di Don Pino Puglisi e Peppino Impastato, uniti nell'infrangere il tabù dello strapotere di un certo Potere, poco lontano da Baci da Napoli, installazione fotografica un po' folle che vede protagoniste Les Filles Follen.
Proseguiamo con l'installazione video di Natalia Saurin, che vede protagoniste tre donne che, in un setting sospeso e quasi sognante, sintetizzano un certo tipo di sottomissione femminile assoluta e senza senso.
Attraversiamo poi un'altra opera di Miki Gorizia, un'installazione audio comprendente un percorso di dipinti appesi agli alberi, una via crucis di confessioni scomode e censurate messe in bocca ai personaggi disegnati.
La performance più d'impatto è quella di Eloisa Gatto, il cui racconto al limite tra isteria e folklore mi diverte tantissimo - forse un po' troppo.
Elisabetta Zenola invece ci lancia in un mondo onirico, a metà tra quotidiano e storia, con planisferi, proiezioni, "Made in Italy", magico ed ermetico.
I suoni destrutturati e ostinati che accompagnano Silvia Venturini e i Mordimatti poi esplodono in una danza di alberi viventi, che ci attraversano e confluiscono in una performance di danza illuminata da lampade a luce nera, che spersonalizzano il movimento, creano dei movimenti di luce che spaccano il buio e descrivono animali, forme, persone (e infatti, si chiama Soffici Movimenti Fluo, ed è curato da quelle stesse Leggere Strutture, che di lì a poco ripropongono Il tuo cervello è più intelligente di te).
Ahimè, non sono ammesso all'entrata della giostra sogghignate di "Into the loop", e devo accontentarmi di un finto tarocco - "L'imperatore" - che il "custode" mi ha regalato nell'allontanarmi.
Un po' scossi dalla performance, intensa ma probabilmente poco coesa - dopo i primi interventi, il Padrone era praticamente inesistente, e si è persa un po' la sensazione del baraccone circense, usciamo e decidiamo di tornare in albergo, dove di lì a poco comincerà il mitico Party on the Roof. Non prima di essermi scolato un'acqua tonica e di aver osservato, insieme all'allegra brigata, un'altra selva di fuochi d'artificio. Infatti, sembra che ogni sera in zona ci sia qualche festa particolare da celebrare, e quindi ci sono sempre fuochi d'artificio a profusione.
Poco dopo, siamo sulla mitica terrazza, con Nicola e Giuseppe - un designer meneghin-barese - ci attendono. Nessuno ha birra a portata, ma ci tuffiamo in discussioni sempre più deliranti -- tanto che propongo di fare un reading con un numero di Spider-Man. Niente da fare, purtroppo. I GAI del roof diventano sempre più numerosi, fino a includere anche i mitici ragazzi di Biella, che abbiamo conosciuto poco in questi giorni, ma che sembrano essere delle persone abbastanza fumatissime, e ce lo dimostrano accennando dei pezzi con dobro e bonghi, che non vanno molto al di là delle prime sei o sette note. Andrea, il chitarrista, non sa mai come finire i pezzi - e a un certo punto lo faccio ridere così tanto che picchia una testata per terra lanciandosi sul pavimento - e Niccolò, che suona i bonghi in trance, sbaglia costantemente il tempo. Alla fine, i due si profondono in una jam session che fa da colonna sonora ai nostri commenti un po' porno all'esperienza salernitana.
Quando meno te lo aspetti, arriva il gruppo musicale torinese dei Sidera Ves... o almeno due dei quattro Sidera Ves. Prima ci raggiunge la bassista-percussionista, poi, qualche tempo dopo, arriva Enrico, il cantante-chitarrista della band, che viene subito simpaticamente bersagliato dalla combriccola. Niccolò, che - dall'alto della sua purple haze mentale - era convinto che i quattro di Torino fossero già arrivati, ma fossero un po' frufru e avessero deciso di non mischiarsi alla folla, chiede "ma se voi siete di Torino e siete due, gli altri quattro di Torino dove sono?". E il cantante "E che cazzo ne so?".
A metà tra l'ingenuità dell'ultimo arrivato preso gustosamente in giro dalla folla e l'entusiasmo dei "Cazzo, questo è l'hotel di Briatore" o "Minchia, se venivo a Paestum domani ci si spaccava", Enrico si eclissa con una formula di commiato leggendaria: "Vado a prendere la chitarra".
Lo aspettiamo un'ora, ma il musicista torinese non si presenta.



martedì 4 agosto 2009

Vedi Salerno e poi torni - Day 3

Day 3 - 27/07/2008
ore 10.20 - Levataccia alle 8.00, appena in tempo per una colazione relativamente veloce - ieri siamo rimasti in sala più o meno un'ora e mezza.
Riunito il GAI Team Pavia (minus Martino), ci dirigiamo verso il traghetto per Amalfi, che parte puntuale puntuale alle 9.40. In un'atmosfera da film estivo con Jerry Calà, l'ìmbarcazione punta dritta dritta verso Amalfi, mentre Davide e Riccardo intonano "Onda su onda" di Conte, della quale scopro di non ricordare assolutamente il testo. E per un critico musicale, è una grave onta.
Arriviamo nella ridente cittadina con sommo gaudio, e un'inquietante figuro che ci offre biglietti per le "grotte"...

ore 13.30 - Ci addentriamo in Amalfi, così arroccata e pittoresca, così artatamente conservata... è qualcosa di rassicurante e straniante allo stesso tempo. Giungiamo davanti alla scalinata del Duomo, dove Marta intravvede un enorme cappellone rosso che decide di acquistare. Mentre la ragazza conclude l'affare - prima sceglie un cappello più discreto, poi cede in favore di questo enorme ombrellone da passeggio -, avviciniamo un anziano signore seduto sui primi scalini dell'imponente gradinata che porta all'edificio sacro: questi ci racconta di essere nato in Piazza dei Dogi, di come abbia girato un po' l'Italia, visitando circa "sette città", e guardando di sottecchi il paracadute aperto che Marta sta sfoggiando.
Davanti all'opzione di visita all'interno del Duomo, il GAI Team Pavia si smembra: io, Riccardo, Simone e Alessandra scegliamo di avventurarci per il paese, mentre Francesca, Riccardo, Lara, Luca, Marta e Davide fanno altrimenti.
Prendiamo la strada principale, che si inerpica su per il pendio, e ci troviamo in mezzo a botteghe e bottegucce d'ogni tipo - una vende persino qualche odiosa targhetta nostalgica del Duce. Tentati dall'acquistare litrate di limoncino, scegliamo invece di avventurarci all'interno delle viuzze del paese, passando accanto a qualche vecchio cinema dismesso, a cortiletti improvvisate, cancelletti, gatti addormentati e fiori. Leggiamo tutte le mattonelle scacciaguai e una simpatica coppia di vecchietti ci invita ad acquistarne qualcuna al loro negozio, giù vicino alla piazza.
Torniamo in prossimità del porto, e decidiamo di fare un salto a mare: dopo una passeggiatina, giungiamo nel paese appena più a Sud di Amalfi, Atrani, l'unica sufficientemente lontana dagli scarichi delle barche. In realtà, sono un po' timoroso, visto che il mio nuoto è piuttosto incerto e che la piattaforma di cemento su cui scegliamo di fermarci dà dritta dritta su un fondale scoglioso... per cui, lascio ai tre intrepidi e più esperti la visita alla spiaggetta accanto, e decido di sguazzarmene da solo per qualche metro, giusto per dare un po' di sollievo all'acqua marina il piede destro -- dimenticavo, per oggi, ho optato per le ciabatte.

ore 15.30 - I tre atlantidei compagni tornano alla piattaforma, ma la loro lontananza mi ha permesso di osservare i magnifici tuffi a bomba di un paio di ragazzetti molto teatrali, e molto lipidici. "Il tuffatore saluta la folla, pensa alla mamma... attenzione, si commuove... prende coraggio e si butta!"... Magnifici.
L'asciugatura permette di scambiarci qualche impressione su questi primi giorni di trasferta. Quando Riccardo e Alessandra tirano fuori qualche esilarante aneddoto su Martino, non posso fare a meno di tirar fuori il blocchetto e tirar giù qualche schizzo di lui senza sopracciglia e con gli occhiali finti - come da episodio, per l'appunto. La cosa fa partire un'appassionata conversazione sulle rispettive arti - e ricevo da Alessandra un complimento grandissimo, quello della "riconoscibilità" dei miei lavori, insomma, si vede che c'è dietro una certa mano e un certo procedimento, senza che i lavori si somiglino troppo - e sulle limitazioni "performative" della fotografia. Sentirci così fieri e appassionati ai nostri mezzi espressivi mi apre in modo totalizzante, in un modo mai avvertito prima, alla creatività altrui, e mi fa desiderare anche scoprire il fascino discreto di quelle macchinette infernali che rubano l'anima e le sembianze della gente.
Purtroppo, l'ora si fa presto tarda, e dobbiamo prendere il traghetto delle 2.10... gli impegni con SalernoInVita cominciano alle 5 e vogliamo avere un minimo di margine di "refreshment".
Tornando in paese, Riccardo e io approfondiamo le nostre affinità musicali, canticchiando Money dei Pink Floyd e Il vitello dai piedi di balsa.
Rapida pausa gelato, poi tutti sul traghetto. L'inquietante signore continua con le sue offerte: "Grotte. Dai, grotte. Dieci euro a persona. Siete quattro? E allora facciamo... quaranta euro. Però i bambini non li faccio pagare, quelli no".
Sonnecchianti, saliamo sul traghetto, dove, a grande richiesta, eseguo un altro schizzo di Martino. Ormai la copertura è saltata, il blocchetto gira, e presto cominceranno le commissioni! No, scherzo, è una figata pazzesca.
Dopo qualche foto sotto il cappello di Marta, siamo a Salerno. Un'enorme Chevrolet scorta chissà quale misteriosa personalità in città, mentre noi, appiedati, ci gustiamo un panozzo nel vento che si sta levando.
Caro lettuccio del GHS, sei mio per un'oretta.

ore 18.45 - Alle 17, rieccoci tutti pronti (e già in ritardo) per il Laboratorio Creativo tenuto da Roberto Lombardi, una delle personalità da temere di questa organizzazione. Questo brillante personaggio, venuto su a pane, letteratura e teatro, parte con l'intento di parlarci della creatività in quanto tale, ma inaugura un percorso snodabile tra esercizi di stile, gradi zero della letteratura, sfoghi creativi - contrappuntato da Figazzolo. Lombardi propone un interessante gioco sulla "poeticità": indovinare qual è il vero primo verso di una poesia di Ungaretti fra quattro opzioni disponibili formate dagli stessi "addendi". I GAI - in sala presenziano quasi tutti gli ospiti di SalernoInvita - esitano, ma Simone Ludovico si fa avanti, riuscendo a cannare. Prezioso l'intervento di Riccardo, che mette in dubbio la scelta di Simone: "Mmm, io non direi quella... mmm, ma no, va bene quella." Le parole di Lombardi, che afferma che "quando ci innamoriamo di qualcuno, la prima reazione è di rifiuto assoluto", mi portano una malinconia nel cuore inconsolabile che mi fa piombare in un loop di flashback senza soluzione e un'inspiegabile fobia di rimanere solo. Ma tutto torna in breve tempo sotto controllo. Sembra che l'ho scritto per farmi compatire...
Nonostante lo scorno, Simone si porta a casa il famosissimo "Zingarello", un ironico dizionario vergato dal buon Lombardi, istrionico e fulambonico giocoliere della parola. Il nostro, concludendo, chiede a ciascuno di noi l'area di competenza artistica, e mi promette un incontro con il curatore della parte visiva, Amendola - interessato all'arte digitale -, con il quale però non avrò mai il piacere di incontrare direttamente.
Manca un'oretta al prossimo appuntamento presso Sant'Apollonia, per cui ci prendiamo un po' di tempo per riguardare i nostri lavori, alla luce anche della conoscenza reciproca degli autori. A una seconda "passata", sono proprio le foto di Simone, la serie "In te spero" (che potete vedere qui), a spiccare, per il loro ispirare un senso di spiritualità, di abbraccio collettivo che ha quasi del straordinario...
I lavori di Nicola - tutti sparati per bene qui - fanno della mise en scene il loro valore aggiunto: sono rappresentazioni - in tutti i sensi - di angosce private e adolescenziali, una sorta di terapia per fotografie inquiete e desaturate, immerse in atmosfere da incubo domestico, con mille mani che artigliano per la paura, un senso di attesa e mancanza desolante.
Alessandra ha riproposto le quattro immagini ispirate all'Orfeo - alla variazione suprema sull'Orfeo, in realtà: il ribaltamento, la morte dell'amato per mano di Euridice, in quattro immagini sfuggenti e intense.
Marta invece, con la sua serie Rosemary Plexiglass, immortala un angolo urbano di abbandono e rinnovamento - l'autolavaggio di una rimessa di pullman -, immerso in luci fredde e sfondi incerti.
Sul versante figurativo, spicca invece la squadra forlivese: l'intensità tattile e materica delle tele di Erica Sirri e la rievocazione della materia nelle tele in tecnica mista di Federica Fabbri, a rimandare a suture e superfici in legno create invece con il tessuto. Un applauso infine alla barese Barbara Di Domizio per le sue due tele iperdinamiche, metamorfiche e sfuggenti come fotografie a tempi lenti di esposizione, quasi a rievocare le metropoli cantate e dipinte da Paolo Conte.
Ad accompagnarci nella visita, un personaggio tarchiatello e occhialuto, parte dell'esercito de Il Pino - che ora scopriamo essere in realtà il service di guardie giurate che tiene d'occhio i nostri lavori, e non un identificativo a mò di camionista -, commenta i nostri quadri, con una competenza insospettabile. E giudizi un po' ad minchiam, soprattutto sulle foto di Nicola, che reputa essere parte di "una campagna anti-fumo".
Figazzolo è così gentile da portarmi i famosi cerotti Comped, che mi appiccico subito sulle scalinate interne di Santa Sofia... con sommo sollievo dei miei talloni. La parte più difficile è finita.

ore 23.15 - Affamati ma curiosi, ci dirigiamo verso la chiesetta di Sant'Apollonia, dove stasera si terrà il reading destinato ai nostri colleghi scrittori. Lo spazio è davvero pochissimo, ma lo scenario intimo e suggestivo, quasi trascendente.
All'ingresso, ci accaparriamo un libretto che raccoglie gli scritti dei letterati GAI dell'anno precedente
. "Le dita nei versi", titolo che Marta prontamente ricicla in "Le dita nel naso".
La prima a salire sul palco è la piccola Sole: i suoi scritti "solisti" sono inguaribilmente solari, colorati, gioiosi, e nascondono l'antefatto non allegro del coma attraversato dal "babbo" qualche anno fa. La penna di Sole si sposa però alla perfezione con la cupezza delle fotografie di Nicola - d'altronde, per uno che ha tatuato sul braccio "Emotion is dead", non è che si scappi... -, in una serie di poesie che filtrano il suo immaginario e il suo vissuto in modo doloroso e tranciante. Peccato per l'emozione, che ha compromesso un po' la lettura di Sole, ma, beh, applausi meritati.
A seguire, un grande personaggio, deflagrante e definitivo come pochi: Miki Gorizia sale sul palco a piedi nudi, un Marina Rei del 2009, si introduce in un modo un po' cattivello ("I passerotti non mi ispirano", lanciando una frecciatina un po' cattivella agli scritti di Sole - anche se, a essere altrettanto cattivi, i passerotti sembravano ispirarlo eccome - evvedicheminghialabattutacontroigays) e recita una sola poesia, breve in realtà. Dilatandola all'infinito, lasciando nell'aria un eco di vocali e consonanti dure difficilmente dimenticabile. Intenso - facile che scappasse da ridere -, ma d'impatto. Sicuramente funzionale alla sua poesia. Poi ne riparliamo quando avrò letto il libretto, nel quale è presente anche lui.
L'ultima degli autori-declamatori è Claudia Cavaliere, anch'ella figurante nel librettino "Le dita nel naso" - ehheheh, troppo divertente scriverlo -, che si profonde in un paio di testi in prosa particolarmente anaforici, ritmati, potenti, di emozioni viscerali. E devo ammettere di essermi emozionato un attimino anch'io. Brava Claudia, ma smorza un po' l'attitude, please.
Gli ultimi sono i Tre Cavalieri di Bologna più Barese, presenti ma declamati da Carla Vitantonio, altra attrice residente (come Miki, dimenticavo), con la caratteristica di poter vedere "di più". Battuta cattiva, però anch'io ho l'occhio storto, anche se corretto dagli occhiali, quindi io puozzo e voi tiè. Gli scrittori in questione sono Massimiliano Colletti, Vincenzo Estremo, Michela Potito e Michele Risi. Il fatto che la pur bravissima Vitantonio li abbia declamati praticamente a raffica mi rende praticamente impossibile dare un giudizio su ognuno di loro, ma li accomuna una scrittura brillante, per alcuni più metropolitan-tarantiniana, per altri gastronomico-emotiva - Michela Potito, in particolare, con un pezzo sullo yogurt (?) -, certo non originalissima, ma di sicuro impatto. In particolare per uno di loro, non mi ricordo quale. Sorry.
Finito il reading, possiamo finalmente tuffarci a capo-di-muzzo all'Embarcadero, dove ci viene offerta una gustosa pizza dal team del Bisunto. Nell'attesa, Alessandra mi chiede di mostrarle gli arnesi del mestiere: mostrata la praticità dei vari pennellini, chine e matite, la simpatica Fuccillo mi chiede di riunire in un unicum tutti i segni a caso vergati su quel benedetto dischetto di carta. Ricomincia - ma d'altronde è sempre un piacere - il disegno-a-richiesta, e per l'occasione dò finalmente un volto a due concetti astratti come "Voucher" e "Fuori Voucher" (anzi, fuori vààààààààucer, come direbbe il buon Gorizia).

ore 01.00 - Capatina nella fantastica piazza Flavio Gioia, un vero e proprio anfiteatro urbano. Per mangiare, ci siamo persi interamente la presentazione del CD Macedonia Mediterranea (ci scusino gli interessati, però la Vitantonio fa venir fame), ma "godiamo" degli ultimi minuti dello spettacolo di danza della Breathing Art Company di Bari. Essere arrivati praticamente alla fine non ha aiutato la leggibilità dello spettacolo - portato avanti da danzatrici di una certa importanza, comunque -, che ha visto protagonista un'uomo dalla mimica facciale pari a quella di Paperino.
Un Pivo può far miracoli per dimenticare, e quindi ci legniamo di Cères prima di incamminarci verso il GHS e abbandonarci a un sonno senza rimorsi. Nella hall, saluto Lara e Luca, che domani ci abbandoneranno, e che non potrò più rivedere perchè... domani, si va da nonno.

domenica 2 agosto 2009

Vedi Salerno e poi torni - Day 2

Day 2 - 26/07/2009

ore 10.20 - La giornata inizia, provvidenzialmente, cinque minuti prima che Simone Lodovico bussi alla porta della camera. Mi infilo rapidamente i pantaloni e lo accolgo nella nostra "umile" dimora.
Il ragazzone, che Marta soprannominerà il Vecchio, mi racconta del tour de force del giorno precedente: la sveglia del cellulare non si è attivata e neanche le chiamate di Davide sono arrivate. Il cellulare è tornato attivo alle 7.41. Alla faccia di chi non crede alle cospirazioni.
Scendiamo insieme per la colazione, e troviamo Marta, già pronta a bersagliare il povero Simone. Ma d'altronde, i due si conoscono già. La colazione è gargantuelica, davvero, c'è ogni ben Dio e me ne servo "come se non ci fosse un domani", ovviamente mischiando tè, cappuccino, briosches, bacon, marmellate, spremute e così via. Tra i tavoli, si aggira un maitre allampanato e piuttosto inquietante dai modi fin troppo cerimoniosi - chiede ossessivamente se le brioches sono di nostro gradimento e quant'altro - e delle cameriere che somigliano spaventevolmente a Sarah Palin.
Visto che la mia intenzione originaria era di fare una passeggiata per la città, nonostante il mal di piedi devastante, lascio Marta e Simone alla loro tanto agognata gita a Vietri, paesino sulla costa a pochissimi chilometri a nord di Salerno, e mi incammino, con il progetto di cercare una farmacia o qualcosa del genere per accaparrarmi un bel cerottone d'emergenza. Non pensando al fatto che è domenica, e l'unica farmacia che riesco a individuare è fatalmente chiusa.
Pertanto, la mia passeggiata è estremamente sintetica: mi riposo una mezz'oretta buona alla Feltrinelli, che è un po' l'ambasciata di noi nerd multimediali, poi torno in albergo, non prima di aver fotografato una deliziosa scatola di Gormiti abbandonata sotto le serrande di un negozio.
Sulla via del ritorno, eccolo: Roberto "Wendy" Figazzolo is back in town, e mi annuncia che sarà presente al pranzo. Non so se temere o esserne contento... Mi incammino verso il GHS, dove, di nuovo solo, mi abbandono a un sonno che si sarebbe rivelato fin troppo breve.

ore 16.00 - Riunito al GAI Team minus two, ci rechiamo all'Embarcadero. Ormai il tragitto non sembra così drammaticamente distruttivo come ieri, non fosse per i chiodi di dolore che ho conficcati nei talloni. Un dolore così penetrante che mi fa fare anche una discreta figurina di merda, quando praticamente saluto il ritrovato Roberto Figazzolo con un sospiro doloroso. L'uomo però comprende le mie sofferenze e mi consiglia una marca di cerotti miracolosi.
A pranzo, conosciamo un po' meglio Luca Bovera, che ci racconta dell'origine della sua passione per la fotografia e della sua "palestra artistica" su Internet. È abbastanza straniante vedere questo ragazzo dagli occhi azzurrissimi parlare dei suoi lavori quasi inquietanti per luci e soggetti con la semplicità con la quale parlerebbe della cosa più banale. Non si sospetterebbe minimamente di una persona del genere vedendo quel cane sconsolato che guarda dritto in camera su uno sfondo carico di nuvole grigie, o quella composizione decentrata di una bandiera della pace sbrindellata e desaturata, o quel guantone appeso al chiodo, giusto accanto a un vetro ricoperto di edera. Sorprendente e straniante.
Scambiate le solite prese in giro col Figazzolo! - che aggiorna il suo curriculum con enorme dovizia di particolari - e finito il pranzo, ci prendiamo un caffè tutti insieme allegramente al Bar de Rosa, a due passi dall'Embarcadero. Un brano di Michael Jackson trasmesso in tv riaccende le sorprendenti doti ballerinistiche di Riccardo, che si esibisce in qualche mossettina che mi fa assolutamente crepare d'invidia.
Mentre i tre del Kol e gli altri si dedicano a un sopralluogo, io e Roberto ci dirigiamo verso l'albergo: nel tragitto, parlo molto dei lavori esposti. La cosa, unita alla devastazione fisica dei piedi, mi apre talmente in due che il mondo scompare in una dissolvenza a iris sull'interno insanguinato delle mie scarpe.

ore 19.30 - Rientro in stanza, dove il buon Simone si sta preparando per l'assalto alla mostra. Prometto di accompagnarlo, a patto che mi conceda una mezz'oretta di tregua.
Il gentilissimo accossente, e un'oretta più tardi siamo davanti a Santa Sofia, tentando di entrare in una mostra aperta che aperta non è. I due gentili custodi ci dicono che purtroppo non è stata accesa la corrente e che non è possibile visitare nulla. Uno spiacevole incidente che viene risolto molto diplomaticamente dai due custodi, che ci invitano a prendere un caffè con loro. Al Bar de Rosa.
Afflitto dalla sete e dai primi segni di ritorno del mal di piedi, desidero solo acqua, sottraendomi per un equivoco alla generosa offerta dei due, che credono che desiderassi soltanto un bicchiere d'acqua. L'incidente viene superato senza problemi, ci facciamo una piacevole chiacchierata che si conclude con una capatina mia e di Simone al Duomo di Salerno, giusto a due passi da Santa Sofia.
Il dolore comincia a offuscarmi la mente, ma tengo duro e convinco Simone a fare un salto in albergo per una doccia - sono anche tremendamente sudato! -, ma Marta, provvidenzialmente, ci avverte che è in zona. Concordiamo - io a denti stretti - che a questo punto è meglio aspettare le 19 tutti insieme, ora in cui partirà il fantomatico Corteo degli Sposi.

ore 23.45 -
Attendiamo Marta sotto Santa Sofia, mentre ne approfitto per dissetarmi a una fontana a occhio poco affidabile, ma in realtà dispensatrice di un'acqua a una temperatura fantastica. Basta solo limonare con un pesce finto per ottenerla!
Arrivata la signorina Bacigalupo, scendiamo poi verso il Teatro Cinema Augusteo, punto di partenza per questo corteo che ci è ancora abbastanza oscuro. L'atrio del Teatro è un pullulare forsennato di sposi, spose, fotografi - a centinaia -, coiffeur e soprattutto Roberto Lombardi, personaggio intravisto nelle manifestazioni della sera precedente, che stasera coordina lo spostamento delle masse. Ah giusto, non ho detto cos'è questo Corteo: SalernoCreativaInVita ha organizzato questo corteo che riunisce tutti gli sposi e le spose di ogni età e provenienza per far loro rivivere il momento magico del matrimonio, insieme a tutta la cittadinanza.
Riunito finalmente il GAI Team Pavia, osserviamo sorridenti le coppie sfilare via dal Teatro verso il Lungomare, con piacevoli sorprese quali la Sposa pazza abbracciata alla sua scopa. Finalmente un marito che fa i mestieri. Apolito nota sorridente l'incursione - sicuramente ad opera di una delle residenze -, e accenna con la mano un divertito "te 'pozzino". In quattro punti e una pernacchia. Nella folla si distingue anche il Chapamerda, un omone muscoloso dalle vaghe reminiscenze rocky-horror-picture-showistiche, vestito del tipico pantalone a vita normale e cavallo bassissimo che tanto faceva impazzire MC Hammer 25 anni fa.
Lanciati nel seguire il corteo, io, Davide e Riccardo ci ritroviamo per qualche secondo a ricoprire il ruolo di coppia aperta omosex, per poi riscomparire nella folla e riunirci a pochi passi dalla meta finale, davanti a un baracchino di mozzarelline aggratis, presto assaltato dalla folla. La calca è troppo violenta e non riesco ad accapparrarci nemmeno una goccia di latticino - una signora piuttosto incazzosa riesce a fregarsene anche cinque o sei, prima di strattonare la folla per uscire, consumarle, e ricatapultarsi dentro-, ma vengo presto consolato con un mini tetra pack carico carico di mellonepane e pesche. Viva la Centrale del Latte di Salerno.
Intanto, intravvediamo il palco e le poltroncine che tra pochi minuti saranno lo scenario dell'esibizione di Peppe Barra, personalità vagamente sconosciuta, che ricordiamo solo per la sua interpretazione del Grillo Parlante nel Pinocchio di Benigni. Ci appostiamo poco lontano dalla fine della platea, per avere modo di godere dello spettacolo da un "higher ground" con maggiori possibilità di svacco. Nella nervosa attesa che precede l'inizio dell'esibizione, il Peppone viene simpaticamente soprannominato PeppeSlash - questa per palati sopraffini - o PeppeBarrè, per la sua grande perizia chitarristica.
Dopo aver storpiato tutti i pezzi introduttivi - tra cui "la canzone del muratore" - e dopo un altro discorso del canuto Apolito - in quattro punti e una pern... basta - the party begins: il teatralissimo Peppe fa il suo ingresso ammantato di nero, e comincia un concerto di world music, di ibridazione e tammuriate, pesantissime bordate contro il Grande Fratello e la De Filippi, racconti genuini d'infanzia con case a picco sul mare che sprofondano, e persino una esilarante fiaba di Basile, grazie alla quale Peppe ci rende finalmente chiaro cosa sia la uallera. Oh yeah, a dimostrare che a parlare di figa prendi sempre le ovazioni. Grande Beppe, grande concerto, nonostante il batterista stesse per morire a causa del distacco di un riflettore. Kaboom!
Il cielo vuole che proprio oggi sia il compleanno di Peppe Barra... e c'è davvero grande emozione quando, sorprendendo tutta Salerno, il Bisunto, o ToupèSudato, o Zio Peppino, sale sul palco portando la torta... Un moto di orgoglio ci muove, e ci chiediamo se questo compleanno sia fuori voucher.

ore 01.10 - L'Embarcadero ci fornisce di catering a base di pizza, patatine e torta. Numerosi i bis, tutto dentro il voucher.
La situazione molto easy ci permette di socializzare: in particolare, abbiamo modo di conoscere meglio due forlivesi, la scrittrice Sole e Federica, altra artista visuale, vittima, come Alessandra, di un incidente di allestimento. Semplicemente, si sono viste i quadri ribaltati da un allestitore pazzo. Per quanto riguarda Sole - ragazza dal candore quasi impossibile -, scopriamo che solo tra pochi giorni sarà maggiorenne, e che quindi è stato necessario l'accompagnamento dei genitori, simpaticissimi e alla mano, ma di cui ora non ricordo nemmeno le iniziali: domani, Sole si esibirà in un reading insieme agli altri "letterati" di quest'anno, con delle composizioni ispirate alle fotografie di un altro grandissimo forlivese, Nicola Vandi, che ha portato in mostra tre lavori d'impatto basati su un'analisi delle proprie fobie adolescenziali. Ora, a parlarvi di gente con in bocca dei polipi immersi in vasche di acqua sporca vi mettereste a ridere, e mica vi biasimo. Però, insomma, vederle è un altro paio di cazzi.
Il GAI Team, sempre meno pavese e sempre più mondiale, finisce per disperdersi nella notte Salernitana. Stremato dal dolore, mi tolgo le scarpe e procedo sul lungomare in calzini. Ormai vogliosi di un Pivo - di una birra 'nzomma - , ci dirigiamo verso il primo fornitore disponibile, una gelateria a pochi passi dall'albergo. Io, per salvare le apparenze, resto fuori dal locale, scarpe in mano, sperando di rimanere fuori dal campo visivo di Chiara, che incrociamo nel locale.
Scolata la Beck's, arriviamo in albergo e pianifichiamo la giornata di domani: la meta, è deciso, sarà Amalfi. D'altronde, come dice la saggezza popolare, vedi Napoli e poi Amalfi.

sabato 1 agosto 2009

Vedi Salerno e poi torni - Day 1

25/04/2009 - Day One

5.20 AM - Quando necessario, il mio sistema neurale è settato per rimettersi in moto appena prima del suono della sveglia. Alle 3 e 28 del mattino, dopo un secondo di disorientamento - sono ospite di mio fratello -, comincio a muovere i primi passi verso la Grande Avventura Salernitana, praticamente solo, con qualche minima conoscenza dei miei compagni di viaggio, con lo scudo delle tre illustrazioni stampate su forex completate appena qualche giorno prima.
Questo viaggio verso l'ignoto inizia alle 4.15, quando carico il bagaglio e salgo sul pullman che mi porterà alla Malpensa. Quest'aria di sospensione mi accompagna per tutto il viaggio attraverso la Milano deserta e notturna, del Cimitero Monumentale, delle prostitute di Via Cenisio, delle costellazioni di lampioni, dei paninari affaccendati.
Dopo aver già fatto un figurone di merda provando a scendere al Terminal 2 invece che al Terminal 1, con l'autista a suggerirmi "Esto es Terminal dos, amigo", sbarco all'enorme e triste ultraedificio del Terminal 2 - quello che fan vedere sempre al TG, per intenderci.

7.40 AM - Si esaurisce rapidamente il disorientamento da iperstruttura, e individuo Alessandra Fuccillo, fotografa che avevo già conosciuto in occasione di Gemine Muse di aprile, che, sperduta, sta ingegnandosi in prossimità dei banchi della Lufthansa per iniziare le operazioni d'imbarco. A conferma della Legge di Murphy, la coda più lunga che vediamo è proprio la nostra, e riusciamo a completare il check-in solo un'oretta più tardi.
Ne approfitto per fare conoscenza di altri due GAI, Davide Ferrari e Riccardo Rigamonti, nientepopò di meno che due membri (il terzo lo incontreremo all'arrivo) dei Kol, gruppo musical-teatrale pavese che proporrà una performance ispirata alle fotografie di Alessandra, una re-interpretazione del mito di Orfeo e Euridice. Mentre il feeling con i tre è già alto, anche grazie ai rebus della Settimana Enigmistica - tanto che consultiamo una famigliola veneta per risolverne uno impossibile, senza risultato -, ci raggiunge il quinto membro della comitiva GAI (ovviamente, Giovani Artisti Italiani), Marta Bacigalupo, fotografa giunta directly from Genova. Ormai manca un solo membro del GAI Team, Simone Lodovico, "ennesimo" fotografo (sono l'unico "illustratore" della combriccola), della cui sorte ci preoccupiamo con ansia sempre maggiore mentre procediamo verso il gate.
Dopo una rapida colazione, raggiungiamo l'imbarco: ad accoglierci, un enorme Hagrid in Lego e dei lunghi tapis roulant che facilitano Riccardo nel non semplice compito di trasportare il bagaglio a mano. O meglio, lo faciliterebbero, se lui non avesse scelto di risparmiare energie restando sul tapis roulant, e accompagnando a mano il suo mini-trolley, che invece procede sul pavimento.
Con sottobraccio qualche copia a caso della Stampa, del Sole 24 Ore e dell'Herald Tribune, saliamo sull'aereo. Ad accoglierci, la terza gemella Kessler in tutto il suo algido splendore.

10.25 AM - Puntuale come previsto, alle 7.40 l'aereo si stacca da terra. Ma di Simone Lodovico, nonostante le numerose telefonate di Davide, nemmanco la più infinitesimale traccia.
Viziati dall'amorevole cura della Kessler, che ci rimpinza di brioche al cioccolato congelate e succhi d'arancia, trascorriamo l'ora di volo apprendendo della produzione di una sorta di tamagochi che, per soli 30 euro, dà la possibilità di immergersi nei segreti del rosario (il tutto in bella mostra sulla prima pagina del Sole 24 Ore) e di alcune nuove teorie sul colore del becco di una stupenda specie di pennuto caraibico.
Sul volo, apprendiamo che non siamo gli unici membri dell'GAI Team pavese: giusto giusto dietro di noi, siedono il fotografo (ancora!) Luca Bovera e la sua ragazza Lara, con cui divideremo pane, vino e scampagnate per i prossimi tre giorni.
Dopo il check-this-out, finalmente troviamo Martino Mocchi, il lunghissimo terzo uomo del Kol, armato di valigetta contenente tutta l'attrezzatura tecnica necessaria per la performance del gruppo, che si svolgerà mercoledì sera. Già, tutta l'attrezzatura tecnica. Solo l'attrezzatura tecnica.
Finalmente, Davide riesce a contattare Simone: il disperso ha aperto gli occhi giusto giusto alle 7.40, perdendo inevitabilmente l'aereo. E noi che ci aspettavamo che spuntasse all'improvviso, magari attaccato alle ali dell'aereo con il suo faccione sempre sorridente.
Rassicurati, troviamo il pullman che ci porterà a Salerno, e in una sonnecchiante oretta sbarchiamo nel solare capoluogo di provincia, accompagnati durante tutta la traversata dall'appassionato e durissimo limonare di due olandesi, pastrugnanti manco avessero 15 anni. Osservo la roboante meccanica del bacio, e, iptonizzato dalla sua liquida ciclicità, mi abbiocco.

11.30 AM - Nonostante l'esterno sfregiato dalla salsedine, il Grand Hotel Salerno, l'albergo che ci ospiterà in questa settimana, è di una monumentalità imperiale: quattro piani di palazzone nero e grigio sormontato da una grande piattaforma rossa - per accogliere gli elicotteri, a quanto pare -, il tutto a due passi dal mare. È un quattro stelle d'altronde.
Sopraffatti da tanto lusso, attraversiamo la porta girevole, impreziosita dall'inquietante presenza di due manichini senza testa vestiti di tutto punto. Nella hall, diventa palese che il GHS è la causa del buco nell'ozono, dello scioglimento dei ghiacci e del conflitto medio-orientale: la temperatura è di circa 15 gradi sottozero, grazie al massiccio sfruttamento di aria ubercondizionata.
Rabbrividendo, facciamo conoscenza degli splendidi occhioni verdi di Chiara Varriale, la responsabile dell'Ospitalità e di chissà quante altre cose per SalernoInVita, nonchè misteriosa voce che mi aveva contattato nelle settimane precedenti - oltre che per le ovvie questioni organizzative - perchè al posto della mia biografia le avevo inviato la recensione degli En Roco. Puro genio.
Fornito di chiave-tessera della stanza e del badge esclusivo che mi garantirà accesso alle più recondite aree di questa manifestazione, mi reco in camera, non prima di aver attraversato i corridoi azzurrini e un po' inquietanti del quarto piano. Il GHS è un labirintico translatlantico dai mille piccoli led a proiettare coni di luce sui numeri delle stanze, dei mini-appartamenti arredati con ogni mobilia concepita dall'uomo oppure spaziose triple, come la mia, occupate temporaneamente da una persona sola.
Già, perchè il buon "vecchio" Simone Lodovico sarebbe dovuto essere il mio compagno di camera.

15.45 PM - L'appuntamento per il pranzo è alle 13.30, per cui mi prendo un po' di tempo per rinfrescarmi e poi addormentarmi un'oretta guardando "La prova del cuoco" tedesca. Sembrava parecchio appetitoso quel melone riempito di broda giallognola.
Mi avventuro in una breve esplorazione dei dintorni dell'albergo, solo per confermare i miei peggiori sospetti circa le abitudini di guida dei Salernitani, lanciati a velocità assurde e costantemente impegnati in manovre al limite della fisica. Ritorno nella hall e recupero alcuni dei miei compagni di viaggio: la primameta è l'Embarcadero, il ristorante convenzionato che ci offrirà i pasti durante la permanenza. Il ragazzo della reception ci aveva tranquillizzato, affermando che il ristorante si trovava a circa 500 metri dall'albergo, ma l'infinita traversata sotto il sole battente grida altrimenti. All'arrivo, un chilometro e mezzo dopo, ci riuniamo a Marta, Luca e Lara all'entrata di un portichetto sul lungomare con vista mozzafiato - in tutti i sensi.
Un'allegro raggruppamento di giovani e meno giovani di tutte le parti d'Italia si avventa sul primo, servito dal burbero e pittoresco ToupèSudato, un omone con i capelli fradici incollati alla fronte, tanto sudato da poter condire un'insalata solo strizzandosi un capello. E di infatti il contorno è stranamente saporoso. Alla richiesta di una seconda bottiglietta d'acqua, ci viene ribattuto con sgomento che ogni aggiunta al menù (primo - secondo - 50cl d'acqua) è "fuori voucher": d'ora in poi, tutto, dalla forchetta all'esistenza stessa sul pianeta Terra, sarebbero stati categorizzati come "dentro" e "fuori voucher". A otto ore dalla partenza, siamo già al primo tormentone. In un gesto di somma magnanimità, il Sudato ci condona gentilmente gli extra. Noi, ringraziamo lui e il suo compare Matteo, gentilezza e simpatia sopraffina, e ci prepariamo al peggio. Ma, la provvidenziale Chiara illumina - giustamente - i sette, impauriti dalla prospettiva di una traversata pomeridiana e postmangereccia sotto un sole a picco sull'Apocalisse, offrendoci la possibilità di un ritorno al GHS in navetta. Siamo davvero troppo viziati.

20.00 PM - Smaltito il "pranzo per conoscerci meglio", alle 18.30 ci aspetta la navetta che ci porterà al Complesso Monumentale di Santa Sofia, una chiesa sconsacrata che ospita la mostra per cui, alla fine della fiera, siamo qui. Dopo una breve scarpinata nei suggestivi e sublimemente decadenti vicoletti di Salerno, eccoci di fronte alla chiesa, dove ci aspettano Francesca Porreca, la nostra stupenda coordinatrice, la fautrice di questo meraviglioso salto nel buio artistico, accompagnata dal fratello Riccardo.
Francesca annuncia che Simone prenderà il treno in serata, per arrivare la mattina successiva. Figata, stanza tripla da solo per una notte. Qui conosciamo anche Mariasole, detta Sole, e Nicola, due GAI di Forlì, che avremo modo di conoscere ampiamente nei prossimi giorni. È il primo impatto con questo piccolo mondo di "creativi" e "residenti", con i vari personaggi che caratterizzeranno questa sette giorni. La mostra, che raccoglie tutti gli artisti visivi chiamati per SalernoInvita, poteva oggettivamente essere valorizzata di più: se la Chiesa vera e propria ospitava le opere video e di design (plauso a Luca Caimmi, Nicolò Zignoli e Andrea Chiardi, su tutti), creando un forte impatto visivo a sostegno della fruizione del tutto, specie per quanto riguarda la scelta di isolare i video nelle nicchie delle navate laterali, il primo piano, con le opere pittoriche e di fotografia, non ha certo dato molto lustro ai lavori, con molte opere concentrate in poco spazio e una poco gratificante illuminazione a unico binario centrale. Niente di drammatico - anzi, possiamo davvero lamentarci poco, vista l'evidente cura -, ma forse sarebbe bastato poco per dare un po' di lustro al tutto. Questa situazione è stata peggiorata dal sottoscritto, che ha mandato ingenuamente spedito delle stampe piuttosto piccole, meno leggibili e d'impatto, con la conseguenza diretta dell'isolamento dei miei tre lavori in un angolino alla fine della saletta.
Finita una rapida scorsa - rivedremo il tutto con più calma nei prossimi giorni -, il GAI Team Pavia si dirige verso il centro, dove sta per avere inizio una lunga serata di performance.

22.13 PM - Già ricevo qualche apprezzamento per le opere in mostra, ma non c'è neanche il tempo di ringraziare che siamo già immersi nel vitale caos delle performance in strada.
Prima Il tuo cervello è più intelligente di te, performance della compagnia di balletto Leggere Strutture con musiche del versatile e bravissimo Davide Fasulo, qualcosa che lascia incantati noi ed esterefatti i passanti, di certo poco abituati a un balletto così lontano dagli "schemi", per di più in piazza.
Proseguiamo lungo Corso Vittorio Emanuele e ci imbattiamo nelle Les Filles Follen, un duo catalan-salernitano che porta in strada una sorta di duello fra una rossa e una bionda dal titolo "Entrata con consumazione: due ragazze fumano una sigaretta in soli 30 secondi". Le due si studiano in una square dance a colpi di sigaretta, danzano, quasi si baciano, poi, alternandosi, si spippacchiano una sigaretta in mezzo minuto spaccato.
Si continua poi con la performance per bambini Luna e l'altra, con i cantastorie siderali Eloisa Gatto e Carlo Rosselli. Ma il momento più alto e incredibile è quello dei Nipoti di Bernardone, due fulnambolici clown impegnati a indispettirsi a vicenda, prendere di mira qualche bimbo un po' scemotto pescato dal pubblico e rischiare quantomeno i peli delle braccia con clave infuocate. Esilarante e magico.
Purtroppo, non arriviamo in tempo per vedere Tabù Kaboom, ma vediamo il loro cartellone "omonimo", presagio di future tragedie.
In attesa di cenare, facciamo un salto al Lungomare: Davide e Riccardo individuano subito un negozietto che, a un prezzo irrisorio, li rimpinza di pizza fritta. Io sbavo un po', ma voglio conservarmi per il mega pasto celebrativo in arrivo. Peccato, perchè tutto sembra cospirare contro di me, anche i piedi: le Converse nuove di zecca devono ancora conformarsi al tallone, e comincia una lenta tortura che, inevitabilmente, porterà alla nascita di due belle vescichette succose con cui cercare di convivere per qualche giorno.

01.45 PM - Noi ancora non lo sappiamo, ma l'Ave Grazia Plena Senior è il tempio delle fantomatiche Residenze. Urge spiegazione: SalernoInvita è un capitolo di una manifestazione più grossa, SalernoCreativa, che ha interessato la città dal 25 giugno (data fondamentale per il successo dell'operazione - eheheheh), con una vagonata di eventi culturali, tra concerti, spettacoli e performance di vario tipo. In questo periodo, un gruppo di musicisti, attori e performer è stata ospite del suddetto ostello: unica condizione, la creazione di opere da presentare nella settimana di Salerno Invita, dal 25 al 31 luglio. Siamo all'inizio del clou della faccenda, insomma.
Arriviamo nel caos calmo dell'ostello, dove, in un sorridente cortile, sono già pronti i coperti per tutti gli ospiti GAI . Pian piano, il posto comincia a pullulare dei personaggi che abbiamo intravisto e continueremo a conoscere - anche da lontano - nei prossimi giorni.
Dopo qualche minuto di attesa, veniamo accompagnati alla nostra tavolata: subito, un cameriere addetto SOLO alla distribuzione delle acque minerali ci fornisce della preziosa bevanda, ma continuerà circospetto a controllare la situazione, arrivando persino a sostituirci bottiglie ancora piene... Creepy.
Dopo un primo a base di linguine a limone e panna, o, come concorda il buon Riccardo, alla "NelsOn, liquido dei piatti" per il suo massiccio peso specifico, arriva l'immenso presidente della manifestazione, Paolo Apolito, detto Apolide o il Canuto, o semplicemente Amedeo Minghi per via della sua lunga e argentea chioma. Il nostro fa splendidamente gli onori di casa, in un discorso "in quattro punti e una pernacchia" in cui esalta il nostro ruolo di creativi, di creatori di bellezza, e l'affiatamento con cui siamo invitati a vivere l'avvenimento. Un discorso energico, appassionato, lungimirante, divertente, lunghissimo, e con tragedia finale: mentre viene servito il secondo, un misterioso gavettone bombarda dall'alto un'ignara cameriera, che sviene e viene addirittura portata in ospedale per accertamenti.
L'attentato, sinistramente preannunciato dalla presenza del famoso cartello "Kaboom" proprio nel punto esatto dell'impatto, trasfigura la serata: un gruppo di artisti si lancia ai piani superiori, all'assalto del terrorista. Mentre la caccia all'uomo ha inutilmente inizio e volano insulti verso l'invisibile teppista, il placido GAI Team di Pavia comincia a servirsi e consumare il pasto senza colpo ferire.
La situazione torna lentamente alla normalità, a una normalità elettrica in realtà, e il buon Apolito viene personalmente a scusarsi per l'accaduto. Un ringraziamento in quattro punti e una pernacchia. No, si scherza... anzi, gli evidenziamo la sinistra coincidenza del Kaboom con suo divertimento.
Come a calmare ulteriormente gli animi, un cameriere viene addirittura a offrirci una bottiglia di vino. Alessandra, fino a quel momento vittima del tour de force pre viaggio, alza la testa per rispondere all'offerta...
- Desiderano del vino?
- Boh, veramente, non so cosa sia...
- Offre la direzione...
- Allora sì!
La serata si conclude con le milioni di teorie sull'attentato, con Riccardo che rammenta a tutti la differenziazione tra mellone - l'anguria - e mellonepane - il melone -, e la volontà di sostituire Simone "Lost" Lodovico con un simpatico alberello con cappello giusto per non farmi sentire troppo solo in camera, qualche caffè espressamente richiesto "fuori voucher" e una traversata verso l'albergo che mi priva definitivamente dell'uso dei piedi.
Mentre perdo i sensi sul cuscino, realizzo che domani sarà l'inferno.



Giovane Artista Italiano

Finite le due esperienze per Gemine Musae e SalernoInvita, mi sembra giusterrimo includere le quattro opere presentate in queste manifestazioni.
Da domani, il diario esclusivo e pieno di suspense della sette giorni salernitana!


Ballerina
Ispirata a un quadro di Federico Zandomeneghi

Tanto vale tutto

Spaghetti Western

Corteccia