La sensazione più strana che si ha all’uscita di Superman Returns è la completa soddisfazione, probabilmente molto più vicina a una serena sazietà piuttosto che a uno stantio appagamento dei sensi. Superman Returns soddisfa praticamente ogni angolo del palato, con un’unica, lunga e portentosa forchettata di azione, sentimento, divertimento (in ogni senso), pathos ed epos. Allora mi direte, dov’è la stranezza in una simile sensazione? La stranezza starebbe se non fosse strano sentirsi così, una volta ogni tanto.
Innanzi tutto, Superman Returns è un grande film. Dal punto di vista prettamente tecnico, è praticamente ineccepibile. Sceneggiatura solida, bei dialoghi, caratterizzazioni azzeccate, fotografia (grazie alle magie del digitale) straordinariamente elegante, montaggio e ritmo a prova d’orologio, regia sontuosa e insieme intima, musica toccante e magnifica, recitazione di livello.
E poi, il talentuosissimo trio Singer-Harris-Dougherty ha davvero messo sul tavolo ciò che ogni fan di buon cinema, ogni appassionato di buone storie e, in particolar modo, ogni fan dell’Azzurrone desiderebbe gustare: un Superman davvero Superman, non l’ombra del personaggio tratteggiata qua e là a tentoni negli ultimi anni (con le dovute eccezioni, certo), ma un’icona, un simbolo di speranza, un meraviglioso e statuario dio-uomo (qualche accostamento a Cristo non ce lo facciamo mancare, visto che il film stesso in qualche tratto ce lo consente), capace di amore, profondo e quasi disperato, di rabbia, e anche di autoironia. Pochi giorni fa, sul suo blog, l’amico Fabio Graziano lamentava il tradimento, avvenuto degli ultimi tempi, della Gestalt supereroistica classica da parte di molti autori nei confronti dei personaggi DC: ebbene, il Superman qui egregiamente dipinto è proprio ciò che si sarebbe sempre dovuto fare del personaggio nei fumetti, nei telefilm, ovunque. Un personaggio allo stesso tempo eterno e nostro, mitico eppure reale, che nel suo profondo credo nel bene, nel mantra del riconoscere la predisposizione al bene di ogni singolo essere, del suo costituire la luce che illumini la via dell’umanità, trova la fonte del suo sempre magnifico potere, del suo essere Superman. E Brandon Routh ha saputo rendere alla perfezione un personaggio all’apparenza tanto semplice da impersonare, anche seguendo le tracce del suo compianto predecessore, Christopher Reeve.
La sorpresa davvero notevole di questo film è il suo occhio umano, Lois Lane, impersonata dall’incantevole Kate Bosworth. Dietro a un’apparente sicurezza d’acciaio, che esplode nella sua caparbietà di giornalista d’assalto, Lois nasconde un cuore di panna, di madre attenta e affettuosa, e di donna divisa tra due grandi amori, o meglio profondamente turbata dal ribussare alla porta di un amore, quello per Supes, ormai lasciato alle spalle (ottimo input per farci vedere il lato dell’Azzurrone più struggentemente umano), e dal conseguente “incendio estinto” di una passione in rinascita: e qui anche l’Uomo d’Acciaio deve fare i conti con un mondo che cambia, un mondo che forse può fare a meno di lui. Ma, come diceva Kennedy, più le cose cambiano, più rimangono le stesse.
Grande film, insomma, dalla grandeur epica e dalla forte eredità Silver Age, profondo ed emozionante come pochi, e che lascerà indubbiamente il suo segno nel cinema fantastico degli anni a venire.
Bellissimo post Paolo, e concordo praticamente su tutto. Superman Returns è un grandissimo film.
RispondiEliminaUn film veramente inattaccabile, due ore che, ehm, volano via pià veloci della luce.
RispondiEliminaGia.. anch'io sn d'accordo!!! Ora ho capito cosa fai tutto il giorno a casa.. altro ke studiare, passi il tempo a scrivere recensioni.. Cmq Mr.Kayak ha ragione, le 2 ore passano in fretta al contrario degli ultimi film ke abbiamo visto ke purtroppo non finivano mai.. Bè quindi finalmete un bel film!!!
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