buzzoole code A Paul's Life: 2008

lunedì 8 dicembre 2008

Doctor with the grease...

Son passate due settimane, e io mi dimentico sempre di aggiornare questo blogghettino: il subscribed si è laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione, lunedì 24 novembre 2008...
Ringrazio tutti, anche quelli che causa neve o altro non son riusciti a venire... e... beh... non so ancora cosa dire...

Haiku (?) 2

Luce elettrica
rossa nel tramonto
salvami

lunedì 17 novembre 2008

Marchettone Update:

Altro giro, altre marchette!
Ecco qui due belle recensioni in cui demolisco il prossimo... argomentando, si capisce.
http://www.lisolachenoncera.it/recensioni/?id=236
http://www.lisolachenoncera.it/recensioni/?id=246

E poi, dulcis in fundo, ecco la nuova creatura di Glamazonia, la Marvel Experience!
Cos'é? Cosa mi significa?
Scopritelo qui: http://www.glamazonia.it/marvelexperience/

A presto!

martedì 11 novembre 2008

More Screaming Eagles

In questi giorni di estrema mobilitazione per il buon vecchio matrangone Alessandro "brahamil" Bragalini, sono nati due bei trailerozzi per allietarvi, ma soprattutto per farvi venire l'acquolina in bocca.

Questo è il Trailer realizzato dal buon vecchio Kayacci, in arte Fabio Graziano:





Invece questo è Teaser creato dal sottoscritto... Enjoy!


mercoledì 5 novembre 2008

Yes, we did

(elaborazione grafica: Mr. Kayak)

L'abbiamo sostenuto praticamente dall'inizio, e il Barackone, con la zampata finale delle 5.00 AM (ora italiana) ha vinto.
Grazie per la nottata splendida, non dormire per aspettare un annuncio sempre più inevitabile ed esaltante ne è valso la pena, e il discorso d'investitura mi ha emozionato tantissimo. Speriamo sia davvero il primo giorno di un mondo un po' migliore.






lunedì 3 novembre 2008

A Paul's Life for Brahamil

Carissimi, anzi, vi costringo a votare per il grande disegnatore emergente Alessandro Bragalini, che in queste ore sta affrontando la sudatissima arena di Zuda Comics, sito legato alla DC Comics che pubblica fumetti digitali. Il "pilot" in questione, in caso di vittoria, si trasformerebbe in serie regolare, e sarebbe un'occasione d'oro per lanciare un nuovo astro nel firmamento del fumetto!
Il link è questo: http://www.zudacomics.com/node/811, votare è gratis e anzi lo considero favore personale.
Votate! Votate! Votate!

venerdì 31 ottobre 2008

Marchettoni!

Allora, parallelamente a quanto fatto sul FacciaLibro, inauguro la sezione in cui pubblicizzo le mie amene produzioni apparse in giro per la rete.
Iniziamo con l'ultima ad apparire, ma una delle prime cose scritte per la mai troppo pubblicizzata Glamazonia.it: trattasi del megaspeciale dedicato al Trentennale di Star Wars, che cadeva il 25... maggio... 2008. Per fortuna è uscito The Clone Wars a salvarci la faccia... è uscito... un mese fa.
Il megaspeciale comprende una ministoria editoriale dei fumetti starwarsiani, una breve guida ai fumetti completa di cronologia (curata insieme all'instancabile Umberto Rossolini) e una finestra sulle Guerre dei Cloni, che praticamente sono quelle guerre lì dove ZAM... SWWWWUNNNNN... PUTRISH... KAMBAZALLABOOOM!

mercoledì 29 ottobre 2008

Attenti ai gatti che vomitano sangue!

Come da titolo...

Se siete lettori di Lanterna Verde, attenzione agli eventuali spoiler
(da Final Crisis: Rage of the Red Lanterns #1
di Geoff Johns e Shane Davis)

domenica 19 ottobre 2008

Haiku 1

Scrivi nel nome
la foggia del fiore
appena sbocciato

Io so

Io so e ho le prove. Io so come hanno origine le economie e dove prendono l'odore. L'odore dell'affermazione e della vittoria. Io so cosa trasuda il profitto. Io so. E la verità della parola non fa prigionieri perché tutto divora e di tutto fa prova. E non deve trascinare controprove e imbastire istruttorie. Osserva, soppesa, guarda, ascolta. Sa. Non condanna in nessun gabbio e i testimoni non ritrattano. Nessuno si pente. Io so e ho le prove. Io so dove le pagine dei manuali d'economia si dileguano mutando i loro frattali in materia, cose, ferro, tempo e contratti. Io so. Le prove non sono nascoste in nessuna pen-drive USB celata in buche sotto terra. Non ho video compromettenti in garage nascosti in inaccessibili paesi di montagna. Né possiedo documenti ciclostilati dei servizi segreti. Le prove sono inconfutabili perché parziali, riprese con le iridi, raccontate con le parole e temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e legni. Io vedo, trasento, guardo, parlo, e così testimonio, brutta parola che ancora può valere quando sussurra: "È falso" all'orecchio di chi ascolta le cantilene a rima baciata dei meccanismi di potere. La verità è parziale, in fondo se fosse riducibile a formula oggettiva sarebbe chimica. Io so e ho le prove. E quindi racconto. Di queste verità.

Cerco sempre di calmare quest'ansia che mi prende ogni volta che cammino, ogni volta che salgo scale, prendo ascensori, quando struscio le suole su zerbini e supero soglie. Non posso fermare un rimuginio d'anima perenne su come sono stati costruiti palazzi e case. E se poi ho qualcuno a portata di parola riesco con difficoltà a trattenermi dal raccontare come si tirano su piani e balconi sino al tetto. Non è un senso di colpa universale che mi pervade, né un riscatto morale verso chi è stato cassato dalla memoria storica. Piuttosto cerco di dismettere quel meccanismo brechtiano che invece ho connaturato, di pensare alle mani e ai piedi della storia. Insomma più alle ciotole perennemente vuote che portarono alla presa della Bastiglia che ai proclami della Gironda e dei Giacobini. Non riesco a non pensarci. Ho sempre questo vizio. Come qualcuno che guardando Vermeer pensasse a chi ha mescolato i colori, tirato la tela coi legni, assemblato gli orecchini di perle, piuttosto che contemplare il ritratto. Una vera perversione. Non riesco proprio a scordarmi come funziona il ciclo del cemento quando vedo una rampa di scale, e non mi distrae da come si mettono in torre le impalcature il vedere una verticale di finestre. Non riesco a far finta di nulla. Non riesco proprio a vedere solo il parato e penso alla malta e alla cazzuola. Sarà forse che chi nasce in certi meridiani ha rapporto con alcune sostanze in modo singolare, unico. Non tutta la materia viene recepita allo stesso modo in ogni luogo. Credo che in Qatar l'odore di petrolio e benzina rimandi a sensazioni e sapori che sanno di residenze immense, occhiali da sole e limousine. Lo stesso odore acido del carbonfossile, a Minsk, credo rimandi a facce scure, fughe di gas, e città affumicate mentre in Belgio rimanda all'odore d'aglio degli italiani e alla cipolla dei maghrebini. Lo stesso accade col cemento per l'Italia, per il mezzogiorno. Il cemento. Petrolio del sud. Tutto nasce dal cemento. Non esiste impero economico nato nel mezzogiorno che non veda il passaggio nelle costruzioni: gare d'appalto, appalti, cave, cemento, inerti, malta, mattoni, impalcature, operai. L'armamentario dell'imprenditore italiano è questo. L'imprenditore italiano che non ha i piedi del suo impero nel cemento non ha speranza alcuna. È il mestiere più semplice per far soldi nel più breve tempo possibile, conquistare fiducia, assumere persone nel tempo adatto di un'elezione, distribuire salari, accaparrarsi finanziamenti, moltiplicare il proprio volto sulle facciate dei palazzi che si edificano. Il talento del costruttore è quello del mediatore e del rapace. Possiede la pazienza del certosino compilatore di documentazioni burocratiche, di attese interminabili, di autorizzazioni sedimentate come lente gocce di stalattiti. E poi il talento di rapace, capace di planare su terreni insospettabili sottrarli per pochi quattrini e poi serbarli sino a quando ogni loro centimetro e ogni buco divengono rivendibili a prezzi esponenziali. L'imprenditore rapace sa come usare becco e artigli. Le banche italiane sanno accordare ai costruttori il massimo credito, diciamo che le banche italiane sembrano edificate per i costruttori. E quando proprio non ha meriti e le case che costruirà non bastano come garanzie, ci sarà sempre qualche buon amico che garantirà per lui. La concretezza del cemento e dei mattoni è l'unica vera materialità che le banche italiane conoscono. Ricerca, laboratorio, agricoltura, artigianato, i direttori di banca li immaginano come territori vaporosi, iperurani senza presenza di gravità. Stanze, piani, piastrelle, prese del telefono e della corrente, queste le uniche concretezze che riconoscono. Io so e ho le prove. So come è stata costruita mezz'Italia. E più di mezza. Conosco le mani, le dita, i progetti. E la sabbia. La sabbia che ha tirato su palazzi e grattacieli. Quartieri, parchi, ville. A Castelvolturno nessuno dimentica le file infinite dei camion che depredavano il Volturno della sua sabbia. Camion in fila, che attraversavano le terre costeggiate da contadini che mai avevano visto questi mammut di ferro e gomma. Erano riusciti a rimanere, a resistere senza emigrare e sotto i loro occhi gli portavano via tutto. Ora quella sabbia è nelle pareti dei condomini abruzzesi, nei palazzi di Varese, Asiago, Genova. Ora non è più il fiume che va al mare, ma il mare che entra nel fiume. Ora nel Volturno si pescano le spigole, e i contadini non ci sono più. Senza terra hanno iniziato ad allevare le bufale, dopo le bufale hanno messo su piccole imprese edili assumendo giovani nigeriani e sudafricani sottratti ai lavori stagionali, e quando non si sono consorziati con le imprese dei clan hanno incontrato la morte precoce. Io so e ho le prove. Le ditte d'estrazione vengono autorizzate a sottrarre quantità minime, e in realtà mordono e divorano intere montagne. Montagne e colline sbriciolate e impastate nel cemento finiscono ovunque. Da Tenerife a Sassuolo. La deportazione delle cose ha seguito quella degli uomini. In una trattoria di San Felice a Cancello, ho incontrato don Salvatore, vecchio mastro. Una specie di salma ambulante, non aveva più di cinquantanni, ma ne dimostrava ottanta. Mi ha raccontato che per dieci anni ha avuto il compito di smistare nelle impastatrici le polveri di smaltimento fumi. Con la mediazione delle ditte dei clan lo smaltimento occultato nel cemento è divenuta la forza che permette alle imprese di presentarsi alle gare d'appalto con prezzi da manodopera cinese. Ora garage, pareti e pianerottoli hanno nel loro petto i veleni. Non accadrà nulla sin quando qualche operaio, magari maghrebino, inalerà le polveri crepando qualche anno dopo e incolperà la malasorte per il suo cancro.

Io so e ho le prove. Gli imprenditori italiani vincenti provengono dal cemento. Loro stessi sono parte del ciclo del cemento. Io so che prima di trasformarsi in uomini di fotomodelle, in manager da barca, in assalitori di gruppi finanziari, in acquirenti di quotidiani, prima di tutto questo e dietro tutto questo c'è il cemento, le ditte in subappalto, la sabbia, il pietrisco, i camioncini zeppi di operai che lavorano di notte e scompaiono al mattino, le impalcature marce, le assicurazioni fasulle. Lo spessore delle pareti è ciò su cui poggiano i trascinatori dell'economia italiana. La costituzione dovrebbe mutare. Scrivere che si fonda sul cemento e sui costruttori. Sono loro i padri. Non Ferruccio Parri, non Luigi Einaudi, non Pietro Nenni, non il comandante Valerio. Furono i palazzinari a tirare per lo scalpo l'Italia affossata dal crac Sindona e dalla condanna senza appello del Fondo Monetario Internazionale. Cementifici, appalti, palazzi e quotidiani.

Nell'edilizia finiscono gli affiliati al giro di boa. Dopo che si fa una carriera da killer, da estorsore o da palo, si finisce nell'edilizia o a raccogliere spazzatura. Piuttosto che filmati e conferenze a scuola, potrebbe essere interessante prendere i nuovi affiliati e portarli a fare un giro per cantieri mostrando il destino che li attende. Se galera e morte dovessero risparmiarli staranno su un cantiere, invecchiando e scatarrando sangue e calce. Mentre imprenditori e affaristi che i boss credevano di gestire avranno committenze milionarie. Di lavoro si muore. In continuazione. La velocità di costruzioni, la necessità di risparmiare su ogni tipo di sicurezza e su ogni rispetto d'orario. Turni disumani nove-dodici ore al giorno compreso sabato e domenica. Cento euro a settimana la paga con lo straordinario notturno e domenicale di cinquanta euro ogni dieci ore. I più giovani se ne fanno anche quindici. Magari tirando coca. Quando si muore nei cantieri, si avvia un meccanismo collaudato. Il corpo senza vita viene portato via e viene simulato un incidente stradale. Lo mettono in un'auto che poi fanno cadere in scarpate o dirupi, non dimenticando di incendiarla prima. La somma che l'assicurazione pagherà verrà girata alla famiglia come liquidazione. Non è raro che per simulare l'incidente si feriscano anche i simulatori in modo grave, soprattutto quando c'è da ammaccare un'auto contro il muro, prima di darle fuoco con il cadavere dentro. Quando il mastro è presente il meccanismo funziona bene. Quando è assente spesso il panico attanaglia gli operai. E allora si prende il ferito grave, il quasi cadavere e lo si lascia quasi sempre vicino a una strada che porta all'ospedale. Si passa con la macchina si adagia il corpo e si fugge. Quando proprio lo scrupolo è all'eccesso si avverte un'autoambulanza. Chiunque prende parte alla scomparsa o all'abbandono del corpo quasi cadavere sa che lo stesso faranno i colleghi qualora dovesse accadere al suo corpo di sfracellarsi o infilzarsi. Sai per certo che chi ti è a fianco in caso di pericolo ti soccorrerà nell'immediato per sbarazzarsi di te, ti darà il colpo di grazia. E così si ha una specie di diffidenza nei cantieri. Chi ti è a fianco potrebbe essere il tuo boia, o tu il suo. Non ti farà soffrire, ma sarà colui che ti lascerà crepare da solo su un marciapiede o ti darà fuoco in un'auto. Tutti i costruttori sanno che funziona in questo modo. E le ditte del sud danno garanzie migliori. Lavorano e scompaiono e ogni guaio se lo risolvono senza clamore. Io so e ho le prove. E le prove hanno un nome. In sette mesi nei cantieri a nord di Napoli sono morti quindici operai edili. Caduti, finiti sotto pale meccaniche, o spiaccicati da gru gestite da operai stremati dalle ore di lavoro. Bisogna far presto. Anche se i cantieri durano anni, le ditte in subappalto devono lasciar posto subito ad altre. Guadagnare, battere cassa e andare altrove. Oltre il 40 per cento delle ditte che operano in Italia sono del sud. Agro aversano, napoletano, salernitano. A sud possono ancora nascere gli imperi, le maglie dell'economia si possono forzare e l'equilibrio dell'accumulazione originaria non è stato ancora completato. A sud bisognerebbe appendere, dalla Puglia alla Calabria, dei cartelloni con il BENVENUTO per gli imprenditori che vogliono lanciarsi nell'agone del cemento e in pochi anni entrare nei salotti romani e milanesi. Un BENVENUTO che sa di buona fortuna dato che la ressa è molta e pochissimi galleggiano sulle sabbie mobili. Io so. E ho le prove. E i nuovi costruttori, proprietari di banche e di panfili, principi del gossip e maestà di nuove baldracche celano il loro profitto. Forse hanno ancora un'anima. Hanno vergogna di dichiarare da dove vengono i propri guadagni. Nel loro paese modello, negli USA, quando un imprenditore riesce a divenire riferimento finanziario, quando raggiunge fama e successo accade che convoca analisti e giovani economisti per mostrare la propria qualità economica, e svelare le strade battute per la vittoria sul mercato. Qui silenzio. E il danaro è solo danaro. E gli imprenditori vincenti che vengono dall'aversano, da una terra malata di camorra, rispondono senza vergogna a chi li interroga sul loro successo: "Ho comprato a dieci e venduto a trecento". Qualcuno ha detto che a sud si può vivere come in un paradiso. Basta fissare il cielo e mai, mai osare guardare in basso. Ma non è possibile. L'esproprio d'ogni prospettiva ha sottratto anche gli spazi della vista. Ogni prospettiva si imbatte in balconi, soffitte, mansarde, condomini, palazzi abbracciati, quartieri annodati. Qui non pensi che qualcosa possa cascare dal cielo. Qui scendi giù. Ti inabissi. Perché c'è sempre un abisso nell'abisso. Così quando calpesto scale e stanze, quando salgo negli ascensori, non riesco a non sentire. Perché io so. Ed è una perversione. E così quando mi trovo tra i migliori e vincenti imprenditori non mi sento bene. Anche se questi signori sono eleganti, parlano con toni pacati, e votano a sinistra. Io sento l'odore della calce e del cemento, che esce dai calzini, dai gemelli di Bulgari, dalle loro librerie. Io so. Io so chi ha costruito il mio paese e chi lo costruisce anche adesso. So che stanotte parte un treno da Reggio Calabria che si fermerà a Napoli a mezzanotte e un quarto e sarà diretto a Milano. Sarà colmo. E alla stazione i furgoncini e le Punto polverose preleveranno i ragazzi per nuovi cantieri. Un'emigrazione senza residenza che nessuno studierà e valuterà poiché rimarrà nelle orme della polvere di calce e solo lì. Io so qual è la vera Costituzione del mio tempo, qual è la ricchezza delle imprese. Io so in che misura ogni pilastro è il sangue degli altri. Io so e ho le prove. Non faccio prigionieri.

(da Gomorra di Roberto Saviano)

mercoledì 8 ottobre 2008

It sucks

"I hated a STAR WARS. That fucking sucks."
Harry Knowles, Ain't It Cool News

Oggi ho avuto modo di vedere Star Wars: The Clone Wars.
Molti di voi sanno già quale sia il mio amore per le Guerre Stellari, e il mio livello di sopportazione per le boiate di Lucas. Però stavolta no.
Le Guerre dei Cloni hanno perso charme. Eufemismo per "hanno rotto il cazzo": per tre anni fumetti cartoni e belle cose. Cartoni stupendi. Fumetti belli. Ma poi basta. E già un punto in meno per TCW.
Poi: in un film di un'ora e mezza, un'ora e un quarto è occupata da interminabili schermaglie. Se non sono battaglie campali, spettacolari ma legnose (nonostante il simpatico effetto realtà della camera a mano), sono duelli a spade laser che sono pure belli da vedere, ma non hanno niente da trasmettere. Nessuna tensione: sappiamo già da prima di entrare in sala chi vive, chi muore e come, quando, perchè. E non c'è più neppure la curiosità dei prequel del "vediamo come siamo arrivati a quel punto...". C'è il vuoto ermetico della freddezza, la tiepida morsa dell'abbiocco.
Ma non parliamo dei dialoghi, ridicoli quando seri, agghiaccianti quando comici (e Puzzolo più i droidi imbranatoni, ammettiamolo, compongono il Jar Jar Binks del post Episodio I). Non parliamo del plot, dove tutto è intercambiabile. Non parliamo dell'animazione, dove la pure ammirabile operazione estetica (3D con bellissime texture finto dipinto) ha dato alla testa alla manovalanza della LucasFilm Animation, che fa muovere i suoi balocchi a nervosi scatti che più che ricordare le due stupende serie di Tartarovsky, lo fanno amaramente rimpiangere.
Sarò qui a seguire la serie, forse. Ma Lucas... mavaaacagheeeeeeeeer

(dacci piuttosto i tuoi cazzo di film d'arte che vuoi fare da anni, va, vecchio pirlone)

domenica 14 settembre 2008

There's no charge for awesomeness... or attractiveness...




Per chi non l'ha visto e per chi ora costringo a vederselo,
una chicca d'animazione contemporanea, 
direttamente da KUNG FU PANDA.
E Jack Black pettina il cazzo alle mosche.

lunedì 8 settembre 2008

Quelli che i fumetti...

Dopo un anno e passa dall'inizio del mio coinvolgimento, finalmente è (ri)venuta alla luce la creaturona alla quale s'è dedicato tanto tempo in questi ultimi mesi. 
Oggi, rinasce Glamazonia.
Tra le prime riviste online a parlare della Nona Arte, il Fumetto, Glamazonia ha attraversato un momento di sopimento negli anni scorsi... da cui si è finalmente risvegliata.
Grazie a Fabione per avermi invitato salire a bordo e per aver dato tre costole per la realizzazione del progetto,g grazie a Emiliano e Salvo per l'enorme lavoro di programmazione, grazie a Wolvie per la paziente opera di caricamento e impaginazione, grazie a Darione e a Magico/Marcello per le revisioni, a Umbertone per avermi affiancato nel primo super-articolo, grazie a tutti i miei compagni d'avventura che minghia-sono-tanti-e-me-li-dimentico. E cresceranno, inevitabilmente.
Grazie anche a voi, se, anche magari a digiuno di cotanta abbondanza, sceglierete di dare un'occhiatina al gran lavoro che ne è uscito fuori... forse che forse vi piglia anche a voi la scimmia per questo mondo maraviglioso, come dicono i tarri d'ogni età.


Di seguito il simil-comunicato stampa di lancio:

1988 - 2008: VENT'ANNI DI FUMETTO CON GLAMAZONIA!
Dopo un periodo di silenzio, ritorna a gran voce una delle più note webzine del comicdom italiano: GLAMAZONIA.
Il 2008 segna il dodicesimo anno dalla nascita del sito web, uno dei primi nel Belpaese ad occuparsi di Fumetto, e il ventesimo da quando progetto prese vita in forma cartacea. Si festeggiano, dunque, due decenni di GLAMAZONIA, con un sito rinnovato nella grafica e nei contenuti, sempre nel segno della riflessione e dell'approfondimento.
Si (ri)parte con una succosa intervista a uno dei mostri sacri del Fumetto d'oltreoceano, JIM SHOOTER, che a GLAMAZONIA svela i dietro le quinte del proprio lavoro e non esita a dire la sua sul comic contemporaneo.
Inoltre, recensioni, articoli di interesse sulla Nona Arte e straordinari e-comics inediti, realizzati da alcuni dei più ispirati artisti della scena online internazionale.
Un menu corposo, ma un mero assaggio di ciò che GLAMAZONIA ha in serbo per i suoi lettori nei prossimi mesi. Stay tuned!

giovedì 4 settembre 2008

Breviario comico

Michele Serra, chi di voi lo conosce lo sa, è uno di quelli che noi ggiovani sinistrorsi definiremmo "grandi". Sì, uno con una mente acuta, un'ironia "pungente"... si direbbe, ma io parlerei più di "stoccante", per usare il gergo della scherma... uno che sa osservare e descrivere lucidamente quel che gli gira attorno.
Eccolo, questo Breviario Comico raccoglie gli ultimi sei anni di interventi del Grande per L'Espresso. Interventi che sono giustapposizioni, gallerie e montaggi grotteschi di personaggi, situazioni e proposte tra il satirico e il surreale, una comicità risfoderata da Serra, un po' lasciata in disparte dopo la fine di quell'esilarante esperienza che era stata Cuore (a proposito, dovrò accaparrarmi anche Quando c'era Cuore), per rifare i connotati a questi ultimi anni di Italia BerlusconianProdianBerlusconiana, forse i più cupi e soffocanti da un bel po'. 
Un libro, si dirà, per ridere riflettendo, ma io direi un libro per ridere e poi riflettere, e riflettere per scorgere sotto quella risata un'indignazione così profonda che sarebbe tanto stupido sfogare in un grido. Sì, un grido cadrebbe nel vuoto. La risata fa più male.
Unici difetti: dopo gli attacchi di ridolite acuta delle prime pagine, ci si abitua un po' alla formula e si ride meno. Per cui, somministrazione per gocce.
Altra cosa: purtroppo, questo umorismo sta diventando autoreferenziale. Certe cose, di questi tempi in cui, per dirla alla Moretti (un altro Grandissimo), ci è stata cambiata la testa, non funzionano più di tanto, attaccano poco. Certo, il pubblico di sinistra medio, informato magari, apprezzerà questo libro, riderà, rifletterà. Ma gli altri?

martedì 2 settembre 2008

Hsohnohrah

Da L'amore
[...] l'unica certezza è gli occhi che io ho di te [...]
... eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeh?!

Da Love Show
[...]Se voglio sognare mi gioco tutta la mia libertà
respiro parole che dentro suonano di musica.
[...]
Sono qui, amami
io sarò baci facili
[...]

....EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEH?!




domenica 31 agosto 2008

Under my Calella, ella, ella, ella... - Finale

Day 8 - 23/08/2008
ore 12.15 - Perodromo
La giornata inizia con il pene di Fabio sbattuto ripetutamente sulla faccia di Germani, che, stupito, guarda me e poi comincia ad emettere gridolini. Non mi metto indagare se questi versi siano di piacere o orrore, perchè saluto i compagni di nottata e raggiungo Bone nella già sgombra Camera dell'Ammmore.
Finiamo di preparare le valigie in fretta e furia, ci lanciamo tipo wrestling sui bagagli per riuscire a chiuderli, poi una graziosa cicciona apre la porta con il suo passepartout e ci intima di uscire. Sono le 9.58, uscita prevista 10.
Alle 10.08, siamo davanti al magnifico trenino, oggetto del desiderio non erotico (forse) delle Ninfomani Caste fin dalla prima serata. Il fantastico automezzo, assai deprimente in verità, ci ha dato buca in due occasioni: la prima, quando scopriamo che l'ultima corsa parte alle 22; la seconda, quando scopriamo che il tassista che ci aveva detto dell'ultima corsa delle 22 mentiva, e che l'ultima corsa parte alle 21. Quindi, prendiamolo di mattina e ciaopepp.
Mentre diamo un ultimo sguardo commosso all'arredamento urbano di Calella, vengo molestato sessualmente da Mone e Fabio che pretendono che tocchi loro la punta dell'uccello. Ultimi rigurgiti di In the world, in the world e altre filastrocche di simil fattura, poi i Dodici si smembrano: alcuni vogliono salutare il mare, altri si dedicano a un ultimo giretto per negozi. Nonostante le intenzioni di mangiare la pizza di Max e soci, è troppo tardi, per cui ci rechiamo al kebabbaro, anch'esso chiuso. Bene, ci accontentiamo della Can Xena, locale assai pittoresco a pochi passi dall'albergo, dove consumo il primo, terribile hamburger della giornata.
Grazie al ritardo del ristoratore, arriviamo in albergo all'ultimo istante, ritiriamo i bagagli e ci incamminiamo verso la stazione dei treni.
Adios, Calella... olè!

ore 16.55 - Barcelona mon amour
Il viaggio di ritorno non è minimamente traumatico come quello d'andata. Sul treno per Barcellona-Saints, ascolto a scrocco la musica dall'iPod di Max, mentre questi dorme, e mentre mi dimeno sulle note del rogherol, una ragazzina mi guarda divertita. Tra una nota e l'altra, posso intrasentire un gruppo di giovani mendicanti della musica che esegue Azzurro e When the sants go marchin' in, ma di questo si occuperà Bone, assai più documentato sull'accaduto.
A Saints, raggiungiamo con facilità il treno che ci porterà in aeroporto. La figata è la musichina che ci accompagna durante il viaggio, che vorrei assolutamente su disco. Responsabili della Renfe, se leggete queste parole, contattatemi.
Giunti in aeroporto, siamo protagonisti di un simpatico incidente: ci rechiamo all'imbarco prima che al check-in. Anche per merito di una certa supponenza da parte mia.
Al banco del check-in rimango impietrito innanzi all'angelica bellezza della hostess Easy Jet: desidero sposarla all'istante, ma il destino e i chilometri ci dividono. La mia solita sfiga sentimentale.
AMOOOOOOOREEEEEEEEEEE....
Il metal detector, per la prima volta nella mia esistenza, suona al mio passaggio. Mi costringono a togliere le scarpe. Niente, suona ancora. Mi fanno passare dopo avermi perquisito, mentre Fabio ne approfitta per avanzare indisturbato, anche se il detector era suonato anche per lui.
Pisciatina, poi pranzo mid-pomeridiano in aeroporto, dove spendo una cifra assurda per un hamburger ancora più orrendo di quello della Can Xena. Mi consolo con gli acquisti dell'ultimo secondo nella libreria dell'aeroporto, dove mi accaparro "De amor y de sombra" di Isabel Allende, e con la visione dei simpatici pupazzetti dei Muppets.

ore 19.25 - Il ritorno dell'amico Tonno
Dopo un'ora e mezza di avanti e indietro sulla pista, il pilota decide di togliere il freno a mano ed eseguire la benedetta partenza in salita. Mentre tutti dormono, Stoner ne approfitta per rompermi ancora un po' i maroni, non pago del fatto che sto leggendo e che continuo a ignorarlo. Il nostro si azzarda pure a fare un simpatico video in cui tutti lo insultano, ma lui è comunque felice come una pasqua.
Finalmente, atterriamo a Malpensa. Mentre scendiamo dall'aereo, realizzo che "De Amor y de Sombra" della Allende ce l'ho già... in italiano. E bravo Paolino.
Il nastro trasportatore ci impiega davvero tanto tanto tanto tempo a restituirci i bagagli: prima qualche simpatico testa di cazzo dimostra tutto il suo genio appoggiando sul nastro un pezzo di ferro e poi una scatoletta di tonno, che qualcuno poi apre e consuma. Si vede che la vostra vita è fatta solo di droga e superalcolici, cacaziretti di rara bbbruttezza.
Bagagli in mano, ci avviamo con un po' di nodo in gola verso l'uscita, dove BabboLamesta, PapàGianni , PapàGanini e BabboStoner attendono le proli loro e altrui per riportarle in quel di Carthusia. All'ultimo, arriva anche Leonida, padre di MarcoBronzodiRiace nonchè del prode Hercules, al secolo Matteo, e, all'urlo di "Questa è... Malpensaaa!", carica i bagagli sul Galloper a calcioni e sgasa verso casa.

ore 20.45 - Berlusconi è ancora vivo
Abbandoniamo il Terminal e ci mettiamo in cammino verso il parcheggio. Già intravvedo Bone, diretto verso la GaniniCar, annaspare in preda a sofferenze inenarrabili. Ghezz.
Max: "Ma dove ha messo la macchina? Panda azzurra... panda azzurra..."
Paolo: "È questa!"

Max: "No, non è mia!..."

...
"Sì, è mia."
Il rockissimo Babbo Lamesta ci racconta della sua recente avventura bolzanese in motocicletta con Mamma Lamesta, in sottofondo prima "Highway Star" dei Deep Purple, poi VirginRadio, che il Lamestone mi consiglia caldamente di ascoltare.
Mentre BL ci delizia con i resoconti delle sue spericolate avventure, Stoner dà l'ultimo, fatidico segnale di vita, chiamando il cugino e comunicandogli di aver schivato d'un pelo un camper in ribaltamento. Ci portiamo all'altezza dell'incidente, e fortunatamente non ci sono vittime. Anche se si sperava che almeno un... ehm... ehm.... va beh.
Il viaggio nella notte termina alle 20.45, quando la Taekwondo Panda di Casa Lamesta mi scarica davanti casa (nonostante l'appuntamento in piazzetta... va beh...). Abbraccio a Max, saluto virtuale a tutti e riabbraccio i genitori, reduci da una minigita assai deludente a Como.
Scopro che mamma ha cominciato a leggere romanzi gialli, e che Berlusconi non ha ancora stirato le zampe.
Mi commuovo.

(FINE)

Si ringraziano per l'apparizione e la splendida vacanza:

Alice
(cosa t'ho fatto? perchè non posso fare colazione in pace? perchè...?)
Bone, ovvero Anzianetti, Bambinetti, Ciuletti

(le tue scoregge hanno un retrogusto strano, curati... però TVB)
Ele
(alla fine ce l'hai fatta a restituirmi il ceffone, eh... viva il karma)
Fabio & Mone
(noooo, la punta nooooooooo....)
Germix
(sei il solito gay psicomagico)
Marco
(voglio i tuoi capelli)
Max (t'ho visto poco, ma è stato bello cagare in contemporanea)
Stefina

(attenta quando corri a testa in giù...)
Stulidis, ovvero Stefania Giannoulidis
(scusa per l'accidia e tutto il resto, ma lo faccio sempre in nome della simpatia...
davvero, non so se non lo capisci o fai finta :P)

Stoner, ovvero Culopicchio 'o shcassauallera
(reciditi le corde vocali)
e a tutti quelli che hanno letto e hanno capito quello che ho scritto

per la pazienza e per i decimi di vista andati perduti...

alla prossima

Under my Calella, ella, ella, ella... - Day 7

Day 7 - 22/08/2008
ore 12.50 - Due colazioni e una pista da biglie
Io e il mio amico Bone ci rechiamo solitari a far la colazione, persino convinti di essere in ritardo. Ma grazie al cielo, mentre saliamo, incrociamo gli altri, e torniamo giù per guardare gli altri consumare il pasto più importante della giornata con occhi sgranati e voce melliflua.
Scesi in spiaggia, il cielo cupo e plumbeo sconsiglia di buttarci in acqua, per cui ci dedichiamo, finalmente, alla costruzione di una bella biglie-pista di 15 chilometri e mezzo che circonda il nostro campo-base sulla spiaggia. La seguente competizione, particolarmente emozionante visti i tiri ben assestati che son riuscito a menare, termina con la vittoria di Bone, il sorprendente ma non troppo (corruzione dei giudici) secondo posto di Stulidis, il terzo posto di MoneRossoAlfa, e il mio quarto posto. Dietro di me, il nulla, oppure altre cinque persone.
La seguente partita a beach volley viene interrotta dall'alzarsi improvviso di un vento apocalittico e il minaccioso pioggerelinare della pioggerellina pioggellosa: consigliati da Manolo, il barista di chi ama, ci rechiamo in un vicinissimo ristorante all'aperto per gustare la tanto agognata Paella. Il cameriere è molto simpatico, però è anche molto bbbrutto, per cui gli parlo il meno possibile.
Consumiamo questo abbondante Paellone frutto degli dei, anche se, per motivi ingnoti i colleghi Max e Germa non si aggregano alla paellata. Neanche Stoner, ma lui, visto che ha fatto tanto il gradasso di sto cazzo a Barcellona con quella Paella di merda, può anche andare "via col vento".
Dopo pranzo, depositiamo l'oggettistica in albergo, consumiamo un gelato caro come la vita umana su Marte, e, dopo un rapido chaaaaaaaaange, torniamo in spiaggia.
Ho scritto questo paragrafetto come lo scriverebbe Bone, praticamente.
Spero di riuscire a fare di meglio...

ore 19.50 - Make your fonz on the pounds...
... adesso.
Appena messo piede sulla sabbia, ecco un gruppo di quattro olandesi, quasi tutti molto brutti, conosciuti come il Biondino, il Negretto, Frankenstein ed Harry Potter. Sono molto spiritosi, anche se la loro simpatia mi irrita quando parlano italiano (ci metto un quarto d'ora a insegnargli che FUORI si dice fUUOOORI e non FLORI). Però imparano con sorprendente rapidità "bastardo". Quando i miei italianissimi compagni di squadra si mettono ad applaudire al passaggio un automobile (sì, ok, non mi ricordo quale fosse, non me ne frega, menatemela per tutta la vita... ma era un automobile), i nostri olandesini applaudono per una bicicletta. Episodio che mi diverte tantissimo, tanto che lancerò l'applauso per il passaggio di una coppia di ciclisti.
Bone, molto lanciato nell'inglesismo a tutti costi, comincia a urlare "Pounds" a ogni palla lanciata e Fabio mi supplica perchè traduca "tua mamma è una cagna". Ma non lo faccio per non generare casi diplomatici.
Liquidati gli olandesi, comincia l'ultima fase dell'ormai leggendario Torneo Son of a Beach Volley: dopo un argento, un bronzo e un legno, sono quasi sicuro di essere fuori dalla rosa dei 5 sfigatoni che dovranno pagare da bere a tutti in caso di sconfitta devastante. Capito, grazie al cielo, in squadra con Marco e Stoner, per cui posso praticamente sedermi e godermi la partita. Purtroppo, il vento mi impedisce di sfoggiare appieno le mie doti di battitore, o di battone, dir si voglia, per cui fallisco miseramente. Il nostro invidiabile tridente porta a casa un argento, mentre Max, senza muovere un dito, si becca il quarto oro consecutivo.
Alla fine, gli sfigati a offrire saranno Alice, Bone, Mone, Stefy ed Ele. Ma questa è un'altra storia.

ore 0.45 - In the rain, in the rain... (ovvero Siete delle merde, oh-oh-oh-oh-ooh)
La doccia, il momento della giornata in cui posso esprimere a pieno le mie doti canore, diventa una strage.
Mentre compongo ed eseguo allo stesso tempo la mia terza Aria per Cesso e DocciaSchiuma, il piccante Canto della Frastrugna (il primo era dedicato al Frasuolo), dimentico di infilare la tenda della doccia dentro la vasca, l'acqua scivola fuori e allaga mezza camera.Grazie al cielo, l'amico Bone si rende conto dell'accaduto, mi avverte per tempo e riusciamo a salvare il salvabile, usando direttamente le nostre salviette da spiaggia.
Ripetendo alcuni fiuuut, che sollievo, ah, minchia, e mentre mi sento una merda umana per la terza volta in questa vacanza, a cena, mi scrive Anzianetti, ci servono il bacon. E sti cazzi.
Ah, prima della cena, l'ultimo, ventosissimo aperitivo (offerto da meee), con il tizio della reception che ci caccia dagli scalini antistanti il portone. Stronzo.
Dopo cena, diamo una prima sistemata alle cose dentro le valigie, perchè, purtroppo, l'indomani si dovrà lasciare Calella-olè, e visto che dovremmo lasciare la nostra camera al ciulino dell'ultimo momento della coppia Ali-Mone. E va beeeeeeeeeeene.
Usciamo per una rapida toccata e fuga al locale del milkshake, dove Stoner, consultando il menù, aveva liquidato il milkshake al cioccolato con un "è solo latte", per poi consumarne a litri imitando me e Germanal. Quale idiozia! Questa sera, con un mal di gola galoppante e con qualche figlio di troia (coincidenza che sia italiano?) che mi spara tutto il fumo in faccia, mi concedo una coppa gelato ahimè piuttosto insipida, odiando l'esistenza.
Il ritorno in albergo è tutto sotto la pioggia, e già gioisco al pensiero che l'indomani dovrò mettere in valigia una salvietta ancora zuppa, resa ancora più zuppa dalle tonnellate d'acqua scrosciate in pochi minuti.

ore 1.45 - Made in Ciapet
Ultima sera, brindisi di fine vacanza.
Ci assembriamo nell'enorme sal...ehm, camera delle ragazze, ci ammassiamo sui loro letti, gonfiamo palloncini che usiamo come membri finti, e Marcone arriva pure a vestirsi da donna. Viste le spalle enormi e le braccia muscolose, il risultato è poco convincente, ma comunque divertente.
Sangria, salatini intinti nella nutella, patatine al prosciutto, poi festeggiamenti finiti. Stoner si becca un vaffanculo estemporaneo da me, e poi mi devo pure giustificare.
Mentre Mone e Alice ciulano indisturbati sul mio letto, accetto l'invito di Marco & Co di dormire nella loro stanza, per sfidare il pregiudizio comune. Divido il letto con Germani, e, coincidenza, entrambi finiremo con il raffreddore, pochi giorni dopo.
Qui si attua la vendetta definitiva contro il Tricheco. Fabio e Marco preparano una selva di gavettoni da lanciare al Trichecone, che sta passeggiando indisturbato davanti all'ingresso, giusto giusto sotto di noi. Appena Germani si affaccia, vede un ignaro passante e aizza i due: "Dai, lanciamogli un gavettone". L'ordigno centra il tettuccio di una macchina, e il suo contenuto acquatico prende in pieno volto passante e Tricky.
Luci spente, tutti sotto le coperte. E si dorme.

Dormire con Germani, ve lo garantisco, è una brutta esperienza. Nonostante tutta la nostra buona volontà, e il nostro posizionarci l'uno con i piedi in faccia all'altro, ci si svegliava ogni 7 minuti per insultarsi ("Stronzo, girati dal'altro lato che non ci sto!"), ci si rigirava. Per qualche minuto, sono riuscito a godermi la sinfonia in snorfate di Fabio e Marco: i due riuscivano a russare in sincronia perfetta. Appena finiva il primo, attaccava il secondo. E così via, per tutta la notte.


(continua...)

giovedì 28 agosto 2008

Under my Calella, ella, ella, ella... - Day 6

21/09/2008
ore 12.45 - Paoletto, prendi questo braccialetto...
Questa volta no. Mi metto da un'altra parte, e mi evito la tortura della colazione. Cari Bone e Alice, no, questa volta il mio cibo me lo pappo tutto in santa pace, e voi non me lo spappolerete come avete fatto ieri mattina! No! Non ve lo permetterò, maaaaahi!

Stronzi.

È la mattinata delle compere. Ormai ci siamo accorti che il tempo sta scadendo, Calella se ne va, sto diventando grande, lo sai che non mi va. In spiaggia gli ombrelloni non ci vanno, perchè se li porta in spalla Stoner. L'intento teorico sarebbe quello di andare al mare a fine shopping, ma ci dedichiamo a visitare quasi tutti negozi, in tutto il loro fulgore smaronante, e quindi ciao, ciao, ciao, ciao mare. Tutta colpa delle ragazze, e di Stulidis in particolare, che sono alla forsennata ricerca di Boh! per Boh! Boh!
Acquisto un simpatico bracialetto, il primo dalla tenera infanzia, che, devo ammetterlo, mi infighisce alquanto il polso destro. Solo che devo toglierlo quando disegno, che poi se lo bagno lascia giù.
Scelto il vezzo, mi dedico, come sempre in questo bel megastore della minchiata, a sfondare i bonghi, di cui io e Bone scopriamo una varietà composta di due bonghi incollati alla base e suonabili attraverso una specie di pendolo. Il disco del mio amico Anzianetti, è evidente, si sta per arricchire di nuove sonorità.

Intanto, Stoner aumenta la sua dose quotidiana di "Paolino", nomignolo che detesto in bocca a un essere di sesso maschile (per quanto maschile possa essere questo rompiglioni di classe AA++). Il pirlone riesce anche a dimenticare gli ombrelloni nell'edicola dove GLI HO acquistato i francobolli (e quindi in una situazione in cui non era assolutamente necessario che li togliesse). Ah, Bone, non credere di essere diventato il suo "migliore amico". Rompe sempre e comunque le balle più a me che a te. Stime dell'Osservatorio dell'Università di Pavia.
Dopo una rapida visita al Salumiere, dal quale io e Mone ci ripromettiamo di tornare sabato mattina prima della partenza, la Compagnia delle Minchie si reca in un altro negozio di souvenir che espone bellamente oggetti destinati all'onanismo maschile e femminile. Su una scatola, campeggia il logo "VANESSA..."
"...prendi questa mazza", completo, citando un film porno (che, ora rammento, in realtà si intitolava Valeria, prendi questa mazza) il cui titolo mi ha sempre divertito moltisimo, moltisimisimo. Fabio saluta questa mia uscita con sommo piacere, e mi inorgoglisce aver allietato gli animi con un po' della mia cultura cinematografica.
Questa diventa l'occasione per ripetere i celibri versi di Unisex degli Squallor: "... nelle narici del nassooo, dentro nel buco dell'orecchieee, dentro nel buco del cullloooo!", ormai diventato uno dei tormentoni underground interni fra me e Mone (dopo In the world e Rita Faltolyano!).

Mentre lo dissuado dall'acquistare scherzetti per Stoner, che sinceramente non mi sembrano all'altezza, l'amico Mone sceglie una pornografica cartolina per Tia (il simpatico orsacchiottone che per il secondo anno di fila ha fatto in modo di non presenziare alla nostra vacanzona), che fa il paio con il PORTACHIAVI CON PENE DI METALLO che sempre l'arguto amico ha selezionato ieri a Barcellona fra mille papabili regali imbarazzanti.
Poco prima dell'uscita, sempre più ritardata, mi ingegno nel comprendere il funzionamento delle nacchere, ma, ahime, fallisco miseramente.

ore 13.01- El chocolatero
Stremati, stanchi e con in testa dei cappelli imbarazzanti, torniamo in albergo, dove ci attenderebbe il pranzo. Ma diciamo che c'è ancora tempo.
Vado ad acquistare l'acqua per me e il mio compagno di peting Bone, e all'uscita del negozio vengo fermato da uno spacciatore: "Tomas el chocolate?" "No, gracias." Esattamente come nel dialetto milanese, il cioccolato è l'erba.
Carico di un sacchetto con due bottiglie, mi apposto su una sdraio della piscina all'ultimo piano dell'albergo. Il barista mi guarda male, malissimo, lo guardo, lo guardo malissimo, indica le bottiglie, gli dico che le lascio giù, e lui continua a leggersi la Gazeta del Deporte. No, non so che giornale fosse.
Fabio sfoggia le sue doti natartistiche con tuffi carpiati, semicarpiati, incazzati, con funghi, patate e salsa rosa, e intanto io mi presto a fare foto a tutto il mondo. Mentre si allarga il buco nello stomaco, rischiando di risucchiare la Costa Brava tutta, io e SteGarl ripassiamo il nostro di tormentone interno: "La Tartaruga/Un tempo fu/Un Animale che correva a testa in giù/Come un siluro/Filava via/Che ti sembrava un treno sulla ferrovia!" (B. Lauzi).
Durante la vacanza, mi dicono, la stanza delle ragazze è stata cassa di risonanza di alcune delle canzoni al limite del demenziale che con gli anni ho avuto modo di diffondere, fra tutte l'indimenticata "Urca che bello!" del grandissimo Enrico Beruschi.

ore 19.35 - Son of a beach volley

Compilo la cartolina. Una sola, mamma non le vuole. L'ho promessa a una mia compagna di università. È una cosa molto triste.
Dopo un breve e sonnecchioso sonnellino, intraprendiamo l'ultima corsetta con MarcoScarlattoVelocista. Tornati in spiaggia, sono subito coinvolto da BellezzaSfolgorante in uno scontro a colpi di pallavolo con due simpatiche donzelle approcciate da Marco il giorno precedente, e che hanno in comune con noi il fatto di essere esseri umani, di essere italiani, e di soggiornare all'Hotel Continental.
Grazie alla sua possanza nelle battute, Paolo terrorizza l'Occidente, con le due giovani, la diciottenne Denise e la tredicenne Debora, che supplicano pietà ogni volta che il nostro tocca palla.
Messe in ginocchio per due volte le ragazze, l'allegra compagnia di stronzi si diverte poi a gavettonare Stoner per l'ennesima volta.
Segue ancora il pazzo pazzo beach volley, in cui mi guadagno una umiliante medaglia di legno nella squadra di Stefina e Alice, l'unica in cui nessuno poteva coprire i miei errori. Ma l'importante è divertirsi. Infatti, durante un ultimo disperato tentativo di salvare la partita, urlo all'avversario Germanal: "E con questo punto ti dimostrerò che sei un frocio!". Però la palla va fuori.
Con mossa a sorpresa, Stulidis è vittima di un cinico ma assai divertente scherzo perpetratole da MarcoDiavolettoImpertinente, che le ha infilato un serpente di plastica tra i vestiti. Quale orrore! La povera vittima chiagne, chiagne, chiagne. E poi non chiagne cchiù. Ma basterà il minimo spiffero d'aria a spaventarla.
Sulla via per l'albergo, Bone indossa il gommone-pneumatico. Io, fiutando le grosse risate in arrivo, gli stendo la mia salvietta da spiaggia sulla testa: l'immagine è quella di una suora-omino Michelin orrendamente oblunga in un solo punto del corpo, ma con un ingombrante e coloratissimo manto che ne valorizza le curve. Rispondendo alla sfida che gli lancio, Bambinetti il Multicolore si presenta con naturalezza alla reception e chiede le chiavi della camera. Impagabile, infatti non gli dò manco un euro dei 10 promessi se avesse compiuto l'impresa.


ore 1.30 - Non ho mangiato la Svizzera, ho attraversato la Francia
La Stefina, prima di salire, aveva preteso di entrare in camera nostra e fare la doccia prima di noi. Visto che la stanza 211 è una libera Repubblica fondata su di me, lascio la sala da pranzo cinque minuti prima e in men che non si dica sono lindo e pinto.
Purtroppo, la Stefina mi scopre e un po' poi mi sento in colpa.

La serata è all'insegna del rimorchio. Di chi con chi, non possiamo dirlo. E non possiamo neanche riportare alcuni simpatici commenti fatti da qualcuno nei confronti di qualcun altro. E neanche quello che abbiamo pensato tutti.
Eeeeeeeeeeeeeeh?
Ci rechiamo al locale accanto a quello di Machete in compagnia di Denise e Debora. Io e Germanal cerchiamo di far sentire a proprio agio la più giovane delle due, facendoci raccontare storie assurde di oratori, giovani cugini evirati, mancette che spariscono. Ma, quando rispondendo alla sua affermazione "Eh, vorrei un fidanzato tipo Brad Pitt", io e Germani cominciamo a insultare l'attore, lei si dilegua improvvisamente.
MAI parlare male di Brad Pitt a una tredicenne.
Dopo aver dimostrato ancora una volta l'arrugginimento del mio spagnolo con la cameriera, inizia l'attoreggiamento di Fabio. Per dimenticarlo, assaggio le nachos superunte di Max. Anche qui, Debora ci delizia con una perla: "Eh, son venuta qui in macchina... c'abbiam messo tanto perchè siam dovuti passare dalla Francia".
Risate sotto i baffi, poi dritti in albergo. Sulla via, Stoner ammorba Denise con discorsi che lei non comprende, ma che asseconda con non chalance.
Questa volta, me la vedo io col Tricheco.
Mi appoggio al bancone e mi osserva. Io lo guardo e lui non si muove. Lui mi guarda, e non si muove. Inizia un lungo duello di sguardi, alla Sergio Leone. Covoni di fieno, il vento che fischia.
Poi arriva Germani, e come d'incanto il Tricheco si alza, lancia chiavi a destra e a manca e insulta tutti in una lingua inventata al momento. Subito dopo, inizia un comitato di resistenza non violenta al Tricheco che s'insedia sulle scale. Alla fine il simpatico Manganiello, l'addetto alla security, ci convince a desistere e a tornare in camera, con i suoi modi sempre gentili. Che caro uomo.

(continua...)

Under my Calella, ella, ella, ella... - Day 5: Speciale Barcellona

20/09/2008

ore 10.30 - Oggi Gaudì, ma un domani...
Allora, la storia della Catalogna per dementi:
"C'era una volta il Greco. Solo lui. Il Greco prende il battello e arriva in Catalogna. Qui ci sono già l'Italiano e il Francese che lo aspettano. Cominciano a vendersi delle cose.
Fai un commercio, fai due commerci, fai tre commerci, ed eccoci nel 1939, e c'è Franco oh Franco 'o Dittatore che impedisce a tutti di parlare il Catalano, la lingua nata perchè il Greco (che, a quanto pare, parla una lingua neolatina), il Francese e l'Italiano non riuscivano a parlarsi. C'è uno che parla Catalano e lo ammazzano.
Poi...
Franco stira le zampe, il Catalano risorge e viene finalmente parlato, con gioia del Greco, dell'Italiano, del Francese e del Napoletano, che arriva e dice: "E io ti spalmo sul panino!"
Poi a Barcellona fanno le Olimpiadi, e ci sono Freddy Mercury e Montserrat Caballè che cantano ininterrottamente da allora Barceloooooonaaaaa! Barceloooooonaaaa! Per carità, non dite a Montserrat Caballè che Freddy è morto, se no succede un casino."
Questo è bene o male quello che ci ha raccontato Rosy nell'oretta buona di viaggio organizzato from Calella to Barcelona.
La giornata era già cominciata con dei tormenti che non ricordo, ma che sicuramente implicavano i numerosi peti spagnoli del compagno di letto e di umorismo Anzianetti.
Arrivati all'ultimo istante disponibile al pullman, mi trovo seduto accanto a Fabio, che sarà impegnato per tutta la giornata nella stesura di un romanzo giallo. Qui, oltre a una manciata di rumorosi italiani tra cui spicca il consueto "uomo dei commenti all'ovvio" che mi sta seduto davanti, udiamo la cristallina voce di Rosy, la guida che riesce a cambiare sette lingue nell'arco di mezza frase. Sbagliandole tutte. Un esempio di code switching mica da ridere, eh. Appresa la storia della Catalogna da cotanta fonte di saggezza, arriviamo nella città di nome Barcellona.
Prima tappa, la meravigliosa Sagrada Familia, esempio dell'enorme estro architettonico di Antoni Gaudì, genio che ha praticamente plasmato con le sue mani questa città, della quale avremo solo qualche flash durante questa intensa giornata. Grande Gaudì, bella alla mamma di Stoner che vediamo assediare i turisti in cerca di qualche monetina, bello il giro attorno alla Cattedrale, la cui facciata sud è stupenda sì, ma vi stanno appiccicando dei pezzi di apparecchio ortodontico che non comprendo. Torneremo nel 2030, a Cattedrale finita, per vedere cosa staccare. Bello anche Stoner che mi supplica di andare al negozio del Barcelona, ma lo ignoro.

La seconda tappa è il Parc Guell, meraviglioso parco progettato da Gaudì per conto del Signor Guell, che comprende anche la casa dove visse l'architetto. A Mone cade la mascella, e io non posso far altro che imitarlo, vista l'estrema abilità di un musicista persiano che si esibisce con uno strumento a corde a me ignoto in suggestivi arabeschi musicali (bella questa, eh? Proust mi fa una sega).
Io e Stulidis rimaniamo incantati dalla Banc de Trencadìs, e qui cito testalmente la guida, "una panca rivestita di piastrelle che corre sinuosa lungo l'intero perimetro" di una piazza che si estende sopra una fantastica sala fatta di innumerevoli colonne, anch'essa decorata di piastrelle, che dà sull'ingresso principale del parco, dominato da una fontana a forma di lucertola. L'anziano guardiano scruta tutto, facendo attenzione a che nessuno danneggi quella che è, in fin dei conti, una stupenda opera d'arte.
Fra una foto e l'altra, Mone, Max ed io progettiamo il Capodanno a Londra...
M: "Bello! Capodanno a Londra, a Times Square!"
P: "Guarda che Times Square è a New York..."
M: "Boh!"
Dopo una breve sosta su uno dei colli che circondano la città, ci dirigiamo in centro, dove ci attendono le Ramblas...

ore 14.30 - De furtibus negotiibus, de stautibus, de autobus
Sosta obbligatoria all'Hard Rock Cafè, dove vorrei acquistare un paio di bacchette da batteria. Ma costano 21 €, quindi telefona a stu cazze... Dentro, è un orgasmo di cimeli della storia del rock, fra cui, curiosamente, uno spartito di Whole Lotta Love dei Sssseppelin in italiano.
Prendiamo poi la via delle Ramblas, costellata di meravigliosi statue viventi, tra cui spicca un'inquietante e meraviglioso angelo dorato. Peccato non averci fatto una foto. Le Ramblas un po' deludono, sono alla fin fine solo un lungo vialone di negozi prima che inizi lo sfacelo di boutiquine di souvenir. In una di queste, acquistiamo un regalino fallico per Tia, e, malgrado anch'io voglia acquistare una t-shirt o qualcosa di simile, scappo subito per via di quei ROMPICOGLIONI DEI COMMESSI/GUARDIANI/BORSEGGIATORI che cercano di impedirti di uscire dopo averti praticamente reso insopportabile stare dentro il negozio.
La quintessenza del cagacazzo.
Altro giro, altro ladro: ci fermiamo in un localino dove spendo 7.50 per una pizza, il tutto per un errore di distrazione idiota. Paolo, prima guardare i prezzi. Mi faccio il pasto con Stoner versione gufo che mi rinfaccia il fatto di non aver preso quella paella dall'aspetto orrendo che consuma con finta soddisfazione. Io spero che ti esploda una cozza nell'intestino.
Riprendiamo la via verso il pullman, ma non manca una capatina alla FNAC locale, dove avrei acquistato volentieri qualche libretto, se il tempo non fosse stato tiranno.

La partenza viene ritardata da Mone, che si ferma a conversare amabilmente con Josè, l'autista, sulle doti terapeutiche della grappa alla liquirizia selvatica. Si vede che Josè ha particolare affetto per il cicchetto, vista la quantità di semafori rossi che ha rispettato.
Uno.

Forse.

Torniamo a casa, e si crea un effetto stranamente reale, che vi dà la misura dell'esasperazione a cui ci ha condotto Stoner.
S.: "Ma ragazzi, questa non è la nostra fermata, questa non è Calella!"
P.: "Sì, è questa, scendi!"
S.: "Non è questa!"
Tutti : "E allora sta su, cretino!"
Tutti, tutti, con uno sfalso temporale infinitesimale e senza essersi messi d'accordo, l'hanno detto.
Non è solo una cosa mia.
Davvero.

ore 0.45 - Machete
Il pre-cena consiste fondamentalmente di alcuni "Rita Faltolyano!", nome della pornostar protagonista del cosìddetto PornoEgitto, film a luci rosse che io e Mone abbiamo visto (in tempi e luoghi diversi) e che c'è rimasto nel cuore, e poi di un duetto canoro: "In the woooooorld, in the woooooorld, in the... in the... in the... in the... in the woooorld." Considerate che stavamo entrambi cagando. Nei nostri rispettivi cessi, divisi da un muro di carta stagnola.
Poco prima di mangiare, sulla scalinata antistante l'ingresso del Continental ci raggiunge Brixia Lad. Visto che comincia a parlare a vanvera, e, considerando il fatto che lo odio, mi alzo a metà di una sua frase e mi avvicino al bancone del Manolone. Aspetto un minutino, poi esco di nuovo. Come per magia, Brixia Lad, un grande esempio di Frocio nel Cervello contemporaneo, è sparito.
La cena è sempre quella, il dopo cena è simile. Su insistenza di Stulidis, donna dai molteplici capelli castani, ci rechiamo da Machete, gestore di un pittoresco locale in una piazzetta molto carina al limitare della Zona della Perdizione. Machete assomiglia troppo a Machete, solo che ha un occhio sbirulo che guarda ovunque, e fa un po' troppo il simpatico. Io e Germa consumiamo un cocktail che non ricordo, Stoner ordina una JD Cola, ed è talmente genio da consumare separatemente i due ingredienti (il JD e la Coca), in nome della libertà d'opinione. Il risultato è una tremenda figura di cazzo.
L'episodio fa esplodere il mio odio sconfinato e ingeneroso verso questo povero uomo venuto dalle vicinanze di Famagosta. Un odio che mi sfianca al punto da impedirmi di giocare a bowling: Germanal e Anzianetti portano a casa la partita, e vengono salutati dallo staff della pista con cerimonie un po' eccessive, ma sempre divertenti. Fra uno strike e l'altro, si ode la radio spagnola trasmettere Nek.
E io provo ancor più odio.

ore 2.00 - Raccontala giusta, Stoner
La stanchezza sparisce tutt'd'un tratto, quando diventa chiaro che Mone e MarcoDispettoSorprendente stanno progettando qualcosa ai danni di Stoner. Sto. Sto. Stocazzo.
Il giovane è deciso a ricoprire di schiuma da barba il letto del nostro, appena caduto nel dormiveglia. Io mi accollo la responsabilità di tenere in mano il tappo. L'idea è quella di costringere a far girare la vittima, che si sarebbe quindi trovata in un mare di zozzume: nonostante tutti gli ululati tipo "MAurIzioOoOo! MaUrizIiooOoOoo!", Stoner ha le orecchie incollate agli auricolari.
All'improvviso, Stoner si getta nella melma ed è tragedia. Marco se l'è data già a gambe. Mone, il secondo cospiratore, si rifugia nell'adiacente camera delle ragazze, che viene chiusa a chiave. La vittima viene a lamentarsi da me e Bone.
S.: "Ma chi è stato? Tu no, Bone, eri in camera tua"
P.: "Neanche io", dico, non accortomi di avere ancora in mano il tappo, che nascondo con gesto fulmineo.
S.: "Eeeh, lo so io chi è stato".
Il giovane torna in camera, e spronfonda nel letto, solo per trovarsi immerso in un cuscino fatto di schiuma da barba. Stoner non si controlla più, ed è vendetta.
Io e Bone ci rifugiamo nella camera delle ragazze, dove Stoner cerca tracce dell'attentatore. Mone è ancora lì dentro, invisibile dietro a una colonna. Qualcuno bussa alla porta: è Marco, che getta un gavettone addosso a Stoner. Un secondo ordigno acquatico inesploso capita nelle mani della vittima, che ingaggia un duello senza esclusione di colpi con MarcoSecchiataDevastante, che termina con l'esplosione del gavettone e l'alluvione dell'ingresso della camera delle ragazze.
La vendetta è compiuta, e tutti dormono contenti.
Finito il processo di asciugatura, Mone si decide a emergere da dietro la colonna, ancora sogghignante.

Stanotte non dormo nel mio letto. Ciuletti deve trombare.

(continua...)

mercoledì 27 agosto 2008

Under my Calella, ella, ella, ella... - Day 4

Day 4 - 19/08/2008
ore 12.50 - Ouverture, ovvero Olga, Caviale del Volga
L'ora è tarda, e i cocci non si muovono.
Emergo dal sonno grazie a Mone che entra in stanza, e, datosi una rapida occhiata in giro, e notando Bone particolarmente sofferente, sentenzia: "Bone ha vomitato".

Dopo l'ormai abituale spasmodica attesa, Stefina si accaparra un simpatico gommone a forma di... gommone. AH AH AH AH AH! L'hai capita? Minghia, oh, di gomma grande, di pneumatico grande! Eh eh eh.
Eh eh.
Eh.
Dicevo... e anche una palla più leggera! Eheheh, pensa.
Grazie Bone per gli appuntini.
Poi, mare, mare, mare, galleggiamento sul gommone, insulti a Stoner. Ormai è tutta routine.
Scusate, ero troppo impegnato a vivere per scrivere tutto.

Il pranzo è un trauma unico. Scendiamo e assistiamo a un infinito assembramento di volti femminili efebici esterefatti davanti ai vassoi del buffet. Sono arrivati i Polacchi, che mai tanta abbondanza videro in ora di pranzo, e per tanto difficilmente mangeremo prima di sette ore.
Però c'è la pasta.
Cioè, a me non me ne frega niente, ma tutti son contenti. Per cui... alèèèèèèèèèèè!

ore 19.50 - Investiti tra i nudisti
Reduci dall'invasione polacchese, i nostri escono dalla Sala da Pranzo con la consapevolezza che, no, non sarà il solito pomeriggio. Infatti i Dodici, circa, si appostano in una saletta vicino al bar e cominciano a svolgere le più svariate occupazioni mentre le stanze vengono adeguatamente preparate dall'incrollabile squadra delle Atomic Bonzons.
Dopo un riposino faticosamente portato avanti nonostante le fastidiose parole di Stoner echeggiassero nell'aere, Bone, Io e il nuovo runner, il grandissimo MarcoCorridoreConturbante (grazie Bone), ci spingiamo là dove nessun essere pudico aveva mai osato prima: le calette nudiste a Sud di Calella. Vecchi corpi aggrinziti e peni che assomigliano a vulve ci allietano per qualche istante, prima di ripartire, arrivare alla nostra spiaggia, non trovare nessuno, proseguire di corsa verso Pineda, tornare indietro, e non trovare ancora nessuno. Sulla spiaggia, ci attende un enorme tenda (minghia che battutone, oh, la tenda che attende, porca troia che compagnone che sono) sotto la quale si muovono i conturbanti corpi tedeschi di donnine che non me la faranno mai manco annusare, guidate da un magnaccia dalla dubbia identità sessuale.
Niente aperitivo, a sto giro. Peccato.

ore 25.00 - El Fragolòn della Manaña de la Fuente de la Vega, Olè
Mentre attendiamo l'arrivo di ragazze e ragazzi, ci soffermiamo davanti al bar di Manolo per guardare le Olimpiadi, trasmesse 24/24 ovunque. Mentre ci sediamo, comincia la sfida Afghanistan - Spagna di Taekwondo, disciplina marziale inventata da Max qualche giorno fa per far più figo. No, esiste, ha il suo seguito, eccetera eccetera. Mentre osserviamo le spietate evoluzioni dei due artisti marziali, Stoner ci fa una confessione agghiacciante: "Sapete, non faccio questi sport perchè... perchè ho paura di far male gli altri".
Applausi.

Serata pornosoft, in vista della partenza della mattina seguente per la Capitale della Movida Spagnola, Toledo. Scusate, Barcellona.
Eheheh, Montserrat Caballé davanti alla Sagrada Familia... minchia quante me ne fumo.
Dicevamo, torniamo al locale nel quale ci avventurammo la prima sera, dove gustiamo una sapida torta alle fragole (anche se il Pan di Spagna sotto [spetta, era Pan di Spagna, vero?] non soddisfa), e dove Fabio decide di aggiornare la lista di battutoni della vacanza [la lista completa qui]. La cosa dopo poco diventa la Fiera degli Aneddoti Già Sentiti, e vedo che anche a MarcoCabezaAllucinante cala la palpebra.
Si muove verso l'albergo, dove ha luogo un nuovo round del duello Bone-Tricky: stavolta, Bone ha pronto il suo 211 in Spagnolo. L'obeso custode non sa come reagire al fatto di essere costretto a capire quel che gli si dice, per cui picchia la chiave sul bancone in modo ancor più violento.
Bone, a questo punto, ha scritto "camera ragazze" e "cacca vapore". Poi mi faccio spiegare che vuol dire e ve lo scrivo anch'io, ok?
Ah sì.... allora, tornati in albergo, io e Bone ci avventuriamo in quel reame fatato che è la Camera delle Quattro Ninfomani Caste, dove mi dedico a sporcarmi la maglietta con i vari pennarelli che uso per colorare un aeroplanino per la carissima Stefina, alla quale proprio non riesco a negare un disegnino. E infatti ne faccio due.
Poi la cacca vapore proprio non mi viene.

(continua...)



Under my Calella, ella, ella, ella... - Day 3

Day 3 - 18/08/2008
ore 10.30 - Potenzialmente
Dopo una nottata passata a scorreggiare l'anima, niente corsa manco sta mattina. E stavolta neanche Bone corre. Mentre la forma scompare, i due impavidi umoristi decidono di rimandare l'esercizio ad ora da destinarsi. Dopo il solito risveglio e la solita colazione, ci arrendiamo all'evidenza di un'attesa infinita nell'atrio del gruppo di profughi (Fabio, Germanal e MarcoRisveglioRitardante), che tarda a scendere.
Intanto, il Joker dentro me avanza. Chuckle, chuckle. Perchè sei così seeeerio?

ore 14.30 - Solo con Manolo
Fatico a tenermi in piedi, sulle roventi sabbie spagnole. Sì, certo... "sulle roventi sabbie spagnole": ogni mezzo bagher a volley si risolve con una rovinosa rotolata per terra. E sarebbe così su ogni tipo di terreno. Per fortuna, le battute riesco ancora a farle decentemente. Inoltre, ho tanto culo da capitare sempre nella squadra dei più forti, ma talmente forti che possono permettersi di ignorarmi bellamente, rimbalzandosi la palla tra loro e profondendosi in complesse coreografie pallavolistiche, con sommo piacere della mia pigrizia. Ma sempre con un sano pizzico d'invidia.
Dopo pranzo, crollo in un sonno profondo e osceno, interrotto da quella graziosa maliarda obesa della donna delle pulizie, alla quale permetto di completare la propria opera di riassetto della catastrofica camera nella quale sto spendendo queste oziose ore della mia vita. Mentre aspetto, raggiungo il bellissimo barman di nome Manolo (che si era introdotto la sera precedente offrendoci una gustosa offerta discotecara, che abbiamo cordialmente respinto), ma la risposta catalana al Mago Forrest non c'è, e la moglie sta leggendo un libro approfittando dell'assenza di clientela.
Intanto, il compagno Bone, che si era assentato durante il mio sonnellino in compagnia della cara SteGarl, mi cerca per tutto l'albergo col cuore in gola, ignaro del fatto che mi ero recato nella hall. Quando mi riabbraccia, si commuove e si esibisce in una Giga del Ringraziamento agli Dei davanti agli astanti attoniti. Queste cose non sono necessariamente successe davvero.

ore 19.50 - O andare al mare, o andare al monte mutui
Pomeriggio, la scissione: alcuni si recano alla piscina all'ultimo piano del nostro albergo, altri si dedicano allo shopping, altri ancora alle compere. Eheheh, ci siete cascati, eh? No, uno dei tre gruppi è andato in spiaggia, e c'ero pur'io.
Alle 18, ci ritroviamo in albergo per incontrare un personaggio proprio bbbrutto di nome BrixiaLad, dove Brixia sta per "agenzia alla quale ci siamo appoggiati per organizzare il viaggio e della quale abbiamo scoperto solo ora il nome" e Lad sta per "faccia di cazzo", per usare un latinismo in voga. Grazie alla sua simpatia di giovane coi capelli lunghi ingranato di ogni tipo di liquore, organizziamo la gitarella di mercoledì a Barselooooooonaaaaaaaaaaaaaaaaa. E già ci immaginiamo Montserrat Caballé a cantare tutto il giorno
Barselooooooonaaaaaaaaaaaaaaaaa davanti alla Sagrada Familia.
Dopo esserci fatti spillare 33 euro da questo giovane cacaziretto di periferia, io e Bone scappiamo fuori per una corsetta sul lungomare che ci condurrà
a poche centinaia di metri a Nord di Calella, più esattamente a Pineda del Mar, ennesima cittadina fotocopia della costiera, forse un minimo più nuova e curata della nostra. Lodando le grandi innovazioni della Spagna zapateriana, e dopo aver stilato la teoria dei 40 anni di dittatura necessari perchè ogni democrazia si sviluppi pienamente (ce lo meritiamo Berlusconi, ce lo meritiamo...), torniamo verso casa, dove mi aspetta il secondo aperitivo (patatine al prosciutto + birra San Miguel).
Buuuuuuuuuuurp!

2.30 - Il sonno oltre la siepe

A cena, il Secondo Scisma: alcuni, disgustati dal cibo offerto dall'Hotel, decidono di darsela a gambe. Ci raggiungono poco dopo la cena, giusto in tempo per l'inizio del DiscoManolo, una manifestazione ballante tenuta dal barista più bello di tutto l'hotel proprio a pochi centimetri dal bancone, con giovani e meno giovani (e soprattutto meno giovani) di tutte le età non anagrafiche che si scatenano in balli senza ritegno su una musica che personalmente vivo abbastanza male [ricchi premi e cotillons a chi riesce a leggere questo periodo ad alta voce tutto d'un fiato]. Stulidis non demorde e vuole a tutti i costi che mi esponga al pubblico ludibrio, e così accenno qualche timido passo di danza davanti a lei che sorride beffarda. Sono lontani i giorni del Dancin' Paul. E sono lontani anche i giorni in cui la mia autostima aveva ancora voce in capitolo.
Finalmente si lascia l'Hotel e ci si dirige boh, a fare "Boh!". Poi andiamo al minigolf: io sono stanco e non gioco, ma sorseggio un buon tè al tè mentre osservo sornione gli impavidi colleghi di viaggio. Durante le partite, due
bionde slave un po' volgarotte perdono la pallina nella siepe che limita il campo: MarcoCedrataSconvolgente mi costringe ad aiutare le giovani a recuperarla, ma è una missione impossibile. Le due si dileguano, e io mi ri-spaparanzo sulla sedia.
Mentre Fabio conteggia i risultati delle partite, un giovane responsabile della struttura si avvicina a Mr. Ricotto e lo asseconda mentre questi declama i punteggi, poi lo caccia fuori con fare cortese. Boh!
Arrivati in albergo, quel bbbbbruttissimo conosciuto come Tricheco, o Tricky, oppure semplicemente Figlio di una Cagna, ci accoglie con la sua consueta simpatia: al momento di prendere la chiave, finge di non capire il "211" che Bone pazientemente gli ripete in sette lingue, poi, una volta che gli viene solertemente indicato il numero, prende le chiavi e le picchia con violenza sul bancone. Eh, Tricky, Tricky, ti andrà in cancrena il cazzo un giorno, eh.
Si rincasa, e ci si butta a letto stremati. Credo di essermi concesso un po' del cosìddetto sconfort, tediando Bone con qualche menata prima di scivolare nel sonno. Bbrutto.

Ho fatto un post senza parlare di Stoner.
Ha rotto i coglioni durante tutta la giornata, però ormai è sottinteso.

(continua...)