Ed è proprio senza Richard Matheson (l'autore del libro), senza il romanzo Io sono leggenda, che Francis Lawrence (il regista del film) e compagni hanno deciso di portare sul grande schermo un film con lo stesso titolo, che si fregia in ogni dove di essere stato tratto dal libro, ma che con esso spartisce solo qualche quasi incidentale elemento. Di sicuro non l'anima.
Neville, alla fine del libro, muore. Non si sacrifica eroicamente per una causa. Viene condannato a morte, immolato come simbolo, e lui ne è fiero. Diventa leggenda. Diventa lo spauracchio della specie dominante che ha ereditato la Terra, che è riuscita a venire a patti con il virus attraverso la scienza.
Bene, questa specie teme e al contempo venera l'ultimo umano, l'uomo leggenda che ne ha sterminate a centinaia per puro istinto di sopravvivenza. Ed è forse questo l'aspetto che fa più riflettere: l'attaccamento alla vita è tutto quanto, a qualsiasi livello di organizzazione sociale. La mia specie e non la tua. La tua è diversa e deve morire. La tua è diversa, uccide per difendere se stessa, e deve essere annientata. Ma nel riconoscerti come mio primo nemico, ti temo, e ti concedo un'importanza, uno status forse anche superiore al mio. Un lusso concesso agli dei, agli idoli. Alle leggende, insomma. Discorso paradossale, ma perfettamente calzante.
E' poi nel duello tra razionale, il cui ruolo, anche qui con risvolti paradossali, viene assunto da Neville (che durante tutto il romanzo scopre, attraverso lo studio, la curiosità, ennesimo risvolto dell'istinto umano, come difendersi, come rispondere al meglio al suo istinto di sopravvivenza), e irrazionale, rappresentato dai vampiri (o meglio, dagli affetti dal virus, che, nella loro lenta discesa verso la bestialità, finiscono per rispecchiare molte delle caratteristiche con cui l'immaginario collettivo ha descritto i vampiri medesimi- come il timore per i simboli religiosi o per la propria immagine riflessa - a causa della superstizione medesima) che si dispiega quasi tutto il romanzo, con la sintesi perfetta raggiunta negli ultimi capitoli.
Sì, la nuova specie dominante è sintesi di uomo e vampiro, di razionale e irrazionale, di scienza e superstizione. La dialettica dell'evoluzione, si potrebbe quasi affermare. Ma gli istinti fondamentali, beh, rimangono sempre gli stessi.
Neville muore anche nel film. Ma la sua morte non ha senso. La storia stessa perde tutto quello che doveva avere. Banalizzazione hollywoodiana, la si tira in ballo sempre, ma qui non si scappa: Neville diventa leggenda in senso di eroe positivo che salva l'umanità, sacrifica se stesso per porre rimedio a un suo errore, e per tener fede a una promessa fatta ai suoi cari.
Banale, trito e ritrito.
Inutile.
Tutta la profonda riflessione sulla quasi grottesca contraddizione che anima l'uomo, scompare. E poco importa se il film a livello tecnico è praticamente ineccepibile (sorvoliamo su alcuni effetti digitali, va beh). Poco importa se Will Smith, da solo sullo schermo per quasi un'ora e mezza, regga benissimo.Non eccella, certo, ma entusiasmi, coinvolga.
Tutto inutile, perchè Io sono leggenda è un'altra storia. Non è il concept dell'ultimo uomo sulla Terra non è solo a renderli identificabili. Potrebbe sembrare caparbio soffermarsi su un particolare così banale come il titolo, ma è importante. Gli altri due film adattati dal romanzo avevano cambiato anche titolo. Questo ha la sfacciataggine di identificarsi con esso fin dal titolo.
Passi l'adattamento, lo stravolgimento, ma questa è sfigurazione.
ATTENZIONE: SEGUONO SPOILER PER CHI NON HA LETTO IL LIBRO E/O VISTO IL FILM
Matheson ci piazza davanti la cruda realtà fin dalla prima riga: Robert Neville è solo, ma assediato da un pericolo micidiale. E' l'ultimo uomo sopravvissuto sulla Terra dopo la diffusione di un virus che ha trasformato tutti in vampiri. In vampiri classici, succhiasangue, allergici alla luce, intolleranti all'aglio, alle croci e compagnia bella. Ma più Neville impara a sopravvivere, a resistere nel suo isolato villino nei sobborghi (aspetto particolare anche questo, visto che il sobborgo americano è il simbolo della sicurezza sotto il tetto familiare), più apprende sulla natura del suo nemico, del male che ha sterminato e poi riportato alla "vita", a una vita insensata e vuota, tutta la popolazione terrestre.Neville, alla fine del libro, muore. Non si sacrifica eroicamente per una causa. Viene condannato a morte, immolato come simbolo, e lui ne è fiero. Diventa leggenda. Diventa lo spauracchio della specie dominante che ha ereditato la Terra, che è riuscita a venire a patti con il virus attraverso la scienza.
Bene, questa specie teme e al contempo venera l'ultimo umano, l'uomo leggenda che ne ha sterminate a centinaia per puro istinto di sopravvivenza. Ed è forse questo l'aspetto che fa più riflettere: l'attaccamento alla vita è tutto quanto, a qualsiasi livello di organizzazione sociale. La mia specie e non la tua. La tua è diversa e deve morire. La tua è diversa, uccide per difendere se stessa, e deve essere annientata. Ma nel riconoscerti come mio primo nemico, ti temo, e ti concedo un'importanza, uno status forse anche superiore al mio. Un lusso concesso agli dei, agli idoli. Alle leggende, insomma. Discorso paradossale, ma perfettamente calzante.
E' poi nel duello tra razionale, il cui ruolo, anche qui con risvolti paradossali, viene assunto da Neville (che durante tutto il romanzo scopre, attraverso lo studio, la curiosità, ennesimo risvolto dell'istinto umano, come difendersi, come rispondere al meglio al suo istinto di sopravvivenza), e irrazionale, rappresentato dai vampiri (o meglio, dagli affetti dal virus, che, nella loro lenta discesa verso la bestialità, finiscono per rispecchiare molte delle caratteristiche con cui l'immaginario collettivo ha descritto i vampiri medesimi- come il timore per i simboli religiosi o per la propria immagine riflessa - a causa della superstizione medesima) che si dispiega quasi tutto il romanzo, con la sintesi perfetta raggiunta negli ultimi capitoli.
Sì, la nuova specie dominante è sintesi di uomo e vampiro, di razionale e irrazionale, di scienza e superstizione. La dialettica dell'evoluzione, si potrebbe quasi affermare. Ma gli istinti fondamentali, beh, rimangono sempre gli stessi.
Neville muore anche nel film. Ma la sua morte non ha senso. La storia stessa perde tutto quello che doveva avere. Banalizzazione hollywoodiana, la si tira in ballo sempre, ma qui non si scappa: Neville diventa leggenda in senso di eroe positivo che salva l'umanità, sacrifica se stesso per porre rimedio a un suo errore, e per tener fede a una promessa fatta ai suoi cari.
Banale, trito e ritrito.
Inutile.
Tutta la profonda riflessione sulla quasi grottesca contraddizione che anima l'uomo, scompare. E poco importa se il film a livello tecnico è praticamente ineccepibile (sorvoliamo su alcuni effetti digitali, va beh). Poco importa se Will Smith, da solo sullo schermo per quasi un'ora e mezza, regga benissimo.Non eccella, certo, ma entusiasmi, coinvolga.
Tutto inutile, perchè Io sono leggenda è un'altra storia. Non è il concept dell'ultimo uomo sulla Terra non è solo a renderli identificabili. Potrebbe sembrare caparbio soffermarsi su un particolare così banale come il titolo, ma è importante. Gli altri due film adattati dal romanzo avevano cambiato anche titolo. Questo ha la sfacciataggine di identificarsi con esso fin dal titolo.
Passi l'adattamento, lo stravolgimento, ma questa è sfigurazione.
Paolo, troppi paroloni e troppe poche parolacce. Tra un po' scriverò io qualcosa su questo film, e vedrai come si trattano certe schifezze.
RispondiEliminaMi trovo daccordo su ogni sillaba di questo post!
RispondiEliminapremetto che non ho letto il libro e, ora che ho visto il film, mai lo farò: questa pellicola mi ha angosciato così tanto che dopo mezz'ora volevo uscire dalla sala, figurarsi che effetto mi farebbe il romanzo, che per giunta finisce peggio.
RispondiEliminaio voglio dire solo due cose a commento del post di paolo.
la prima è che non è vero che la morte del personaggio di will smith non abbia senso, anzi. lui "è leggenda" perchè si è letteralmente annullato per un bene maggiore, e cioè la speranza cieca di una rinascita dell'umanità. l'errore della creazione del virus non è suo, quindi non è schiavo del rimorso. se mai, del ricordo della sua famiglia. alla fine, il pensiero di neville è sempre orientato alla ricerca della cura, anche negli ultimi attimi, quando in gioco c'è anche la sua di pelle.
quindi, banale sì, ma coerente e adatto.
piuttosto, se proprio vogliamo trovare qualcosa che non va, a me ha dato un po' fastidio la vena religiosa del finale. per vincere, lo scienziato deve abbandonare la razionalità tout court e abbracciare la fede nell'ignoto. in sacrificio di neville assume così il sapore di una immolazione religiosa... lui "è leggenda" allo stesso livello di un santo del calendario, ma meno inutile. già immagino nel nuovo ordine mondiale le magliette con la faccia di will smith, stile che guevara.
per il resto... ma cosa ti aspettavi da un film hollywoodiano da cassetta? già, di base, nelle trasposizioni tra media le cose cambiano sempre molto...
in definitiva non è un film che consiglierei, ma nemmeno mi sentirei di dire che sia brutto.
no, va beh, c'è anche il senso di colpa per il virus, ci sono degli elementi che fanno chiaramente capire che lui era uno dei responsabili del progetto che l'ha creato (quello che mi viene in mente ora era la copertina del Times incollata al frigorifero con qualcosa del tipo "uomo dell'anno", roba del genere).
RispondiEliminapoi, la questione fondamentale è che c'è un tradimento dello spirito del libro, quello che fondamentalmente dovrebbe arrivare in ogni "declinazione mediatica". ad esempio, se vedi spider-man, te ne fotti altamente della mancata trasposizione vignetta per vignetta di quello che hai letto su carta, perchè l'atmosfera e soprattutto l'anima dei personaggi rimangono intatti. io sono leggenda invece è un tradimento grandissimo, non un adattamento. qui la premessa non dovrebbe essere "tratto da", ma "ispirato a", per tutta la serie di ragioni che ho esposto nel post. poi, sono d'accordo e l'ho scritto, il film in sè è nella media, soprattutto la prima parte è molto ben fatta. non pretendevo capolavori, ma scadere in questo modo nella convenzione, banalizzare così il materiale originale finisce per oscurare anche gli aspetti positivi della pellicola.
non so, onestamente non mi pare che il ruolo di neville nella creazione del virus krippin sia mai chiarito in maniera esplicita. la pagina del time potrebbe semplicemente essere un messaggio degli autori per dire che neville non è l'ultimo dei baluba, ma uno scenziato coi controcazzi.
RispondiEliminasulle differenze tra "tratto da" e "ispirato a" sono più che d'accordo. tra l'altro, non penso che la warner avesse bisogno di appoggiarsi più di tanto alla fama del romanzo originale per "vendere" bene questo film al pubblico.
ce n'erano altri, di sicuro, ma ora la memoria non mi aiuta. o potrei averli interpretati in modo errato.
RispondiEliminaper il resto, lì stava all'onestà artistica di tutta la crew. però, il dado è tratto.