Già ti scoppia il cuore, già ti manca l'ansia che aleggia nell'aria, il sudorino perenne sulle mani, i praticabili da spostare, il cerone e mascara delle sei e mezza, i dieci centesimi lasciati nella macchinetta del caffè, la preghierina collettiva, le frotte di bambine e bambini a riversarsi sul palco, occhi brillanti e sorrisetto, le battutine che stemperano la tensione, il nervosismo che contrasta ed esalta l'entusiasmo negli occhi di tutti, e l'infinita attesa che si esaurisce con l'eco del passo che supera le quinte e tocca la scena, illuminato da qualche luce, a strapiombo nel silenzio nero.
Poi c'è una voce che non sembra la tua che cerca a stento di echeggiare, di sfiorare quelle facce che intuisci ma non puoi vedere, di portargli in braccio il tassello di una storia, e se sei fortunato rubargli pure un'emozioncina. Respiri un ossigeno diverso, un ossigeno speziato e inebriante, una strana droga che sa di sorrisi, riverbero di luci, rito sacro collettivo e egocentrismi a cazzotti con la timidezza.
Poi raccogli tutto quello che hai e lo spargi nell'aria, e magari zoppichi nel tentativo, magari lì per lì non ti rendi conto e non senti niente attorno a te, ti ritrovi nella scena. L'orologio a cipolla da cercare a tentoni nella tasca ti restituisce alla realtà, ma la battuta successivo ti proietta nel tuo altro che ricomincia a esistere per qualche altro minuto.
Già ti manca tutto questo, e altri due milioni di cose che ci sono, le vedi, e non sai descriverle. Persino "magia" non basta nemmeno a sfiorare il concetto.
Questo venerdì, sabato e domenica sono stato impegnato in uno spettacolo basato sulla storia di Anastasia, in realtà il saggio della scuola in cui, un po' per caso un po' per fortuna, ho cominciato qualche mese fa a frequentare un corso di recitazione.
Come avrete intuito, oltre alle parti narrative recitate - in cui interpretavo lo sfortunatissimo Principe Paul, promesso sposo abbandonato della protagonista -, a farla da padrona è stata la danza - e d'altronde, considerando che la scuola in questione fa fondamentalmente questo, non si sfugge. Insomma, un ulteriore motivo di attrattiva per me, da sempre affascinato da quest'arte, ma troppo limitato per cimentarsi in prima persona.
La cosa veramente enorme, all'inizio quasi ingestibile psicologicamente, è stato il fatto di poter calcare il palco del Teatro Fraschini di Pavia, un inquietantissimo signor teatro. Una di quelle occasioni più uniche che rare nella vita per cozzare violentemente con un luogo che nella sua austera monumentalità (ossimoro?) sembra volerti dissolvere appena osi affacciarti oltre la quinta. Talmente enorme, alla fine, che si è mangiato per benino la mia voce inesperta da rookie della recitazione.
Un'emozione enorme soprattutto perchè condivisa dall'inizio alla fine, una specie di abbraccio continuo, con questo confortante ed elettrizzante sentirsi parte di un tutto, di una macchina un po' mamma un po' tornio, per cui ci si incrocia sorridendosi con quel leggero filo di complicità, oppure si accetta senza indugio ogni tipo di richiesta di aiuto (e qui saluto gli "amici" macchinisti, Matteo, Mitch e Maurizio, che mi hanno ingaggiato per lo spostamento dell'attrezzatura durante lo spettacolo). Ma soprattutto, bisogna dirlo, un abbraccio continuo con i miei compagni di avventura, quasi tutti già più "sgamati" di me (e vale la pena di salutarli ancora, a partire da Alma, che in questa occasione non ha recitato, ma è un McGyver in qualsiasi occasione, oltre che Gianpaolo - the mariuols - e il leggendario Gianfranco, come pure le graziosissime e bravissime, Serena e Valentina, oltre alle incantevolmente talentuose Viola, con cui ho avuto il piacere di dividere una scena che spero sia risultata intensa come nelle intenzioni, e Veronica - ballerina da combattimento prestata con spassosi risultati alla recitazione), ma - ne sono certo - non meno emozionati - e d'altronde, se era emozionata la nostra regista-mamma2 Floriana [e mi scuserà ma ho davvero esaurito gli aggettivi, confido nelle mie capacità "telempatiche"], che di teatro ne ha parecchio alle spalle, come potevamo sottrarci?
Ringrazio sentitamente tutti, col cuore colmo e la bocca spalancata dei bambini (e qui saluto il mitico Vittorio, un ballerino fantastico di 5 anni, e tutti gli altri simpaticissimi pargoli che hanno ballato), e con l'ironia scacciapaura dei grandi (un saluto con complimento ai ragazzi di danza contemporanea, con un balletto energizer sulla storica Mi fumo una pipa [anche nota come Mi chiamo Filippa, o L'olio d'oliva] del buon Mariolino Uomofiglio, e alla loro insegnante Chiara che sembra davvero una forza della natura), oltre che al nostro Pippo Baudo organizzativo e artistico, Eleonora - la "capa" della scuola tutta -, affiancata da Silvana e Paola.
(Uhm, se non ho citato qualcuno, si lamenti qui sotto, ma d'altronde è una scrittura piuttosto a getto per buttare giù un po' di adrenalina che ancora gira. Whooof! Verboso, eh?)
Mi manca tutto, ma fra un anno sarà di nuovo tutto in moto.
L'unica pecca è che non sarà più la prima volta.
Poi c'è una voce che non sembra la tua che cerca a stento di echeggiare, di sfiorare quelle facce che intuisci ma non puoi vedere, di portargli in braccio il tassello di una storia, e se sei fortunato rubargli pure un'emozioncina. Respiri un ossigeno diverso, un ossigeno speziato e inebriante, una strana droga che sa di sorrisi, riverbero di luci, rito sacro collettivo e egocentrismi a cazzotti con la timidezza.
Poi raccogli tutto quello che hai e lo spargi nell'aria, e magari zoppichi nel tentativo, magari lì per lì non ti rendi conto e non senti niente attorno a te, ti ritrovi nella scena. L'orologio a cipolla da cercare a tentoni nella tasca ti restituisce alla realtà, ma la battuta successivo ti proietta nel tuo altro che ricomincia a esistere per qualche altro minuto.
Già ti manca tutto questo, e altri due milioni di cose che ci sono, le vedi, e non sai descriverle. Persino "magia" non basta nemmeno a sfiorare il concetto.
Questo venerdì, sabato e domenica sono stato impegnato in uno spettacolo basato sulla storia di Anastasia, in realtà il saggio della scuola in cui, un po' per caso un po' per fortuna, ho cominciato qualche mese fa a frequentare un corso di recitazione.
Come avrete intuito, oltre alle parti narrative recitate - in cui interpretavo lo sfortunatissimo Principe Paul, promesso sposo abbandonato della protagonista -, a farla da padrona è stata la danza - e d'altronde, considerando che la scuola in questione fa fondamentalmente questo, non si sfugge. Insomma, un ulteriore motivo di attrattiva per me, da sempre affascinato da quest'arte, ma troppo limitato per cimentarsi in prima persona.
La cosa veramente enorme, all'inizio quasi ingestibile psicologicamente, è stato il fatto di poter calcare il palco del Teatro Fraschini di Pavia, un inquietantissimo signor teatro. Una di quelle occasioni più uniche che rare nella vita per cozzare violentemente con un luogo che nella sua austera monumentalità (ossimoro?) sembra volerti dissolvere appena osi affacciarti oltre la quinta. Talmente enorme, alla fine, che si è mangiato per benino la mia voce inesperta da rookie della recitazione.
Un'emozione enorme soprattutto perchè condivisa dall'inizio alla fine, una specie di abbraccio continuo, con questo confortante ed elettrizzante sentirsi parte di un tutto, di una macchina un po' mamma un po' tornio, per cui ci si incrocia sorridendosi con quel leggero filo di complicità, oppure si accetta senza indugio ogni tipo di richiesta di aiuto (e qui saluto gli "amici" macchinisti, Matteo, Mitch e Maurizio, che mi hanno ingaggiato per lo spostamento dell'attrezzatura durante lo spettacolo). Ma soprattutto, bisogna dirlo, un abbraccio continuo con i miei compagni di avventura, quasi tutti già più "sgamati" di me (e vale la pena di salutarli ancora, a partire da Alma, che in questa occasione non ha recitato, ma è un McGyver in qualsiasi occasione, oltre che Gianpaolo - the mariuols - e il leggendario Gianfranco, come pure le graziosissime e bravissime, Serena e Valentina, oltre alle incantevolmente talentuose Viola, con cui ho avuto il piacere di dividere una scena che spero sia risultata intensa come nelle intenzioni, e Veronica - ballerina da combattimento prestata con spassosi risultati alla recitazione), ma - ne sono certo - non meno emozionati - e d'altronde, se era emozionata la nostra regista-mamma2 Floriana [e mi scuserà ma ho davvero esaurito gli aggettivi, confido nelle mie capacità "telempatiche"], che di teatro ne ha parecchio alle spalle, come potevamo sottrarci?
Ringrazio sentitamente tutti, col cuore colmo e la bocca spalancata dei bambini (e qui saluto il mitico Vittorio, un ballerino fantastico di 5 anni, e tutti gli altri simpaticissimi pargoli che hanno ballato), e con l'ironia scacciapaura dei grandi (un saluto con complimento ai ragazzi di danza contemporanea, con un balletto energizer sulla storica Mi fumo una pipa [anche nota come Mi chiamo Filippa, o L'olio d'oliva] del buon Mariolino Uomofiglio, e alla loro insegnante Chiara che sembra davvero una forza della natura), oltre che al nostro Pippo Baudo organizzativo e artistico, Eleonora - la "capa" della scuola tutta -, affiancata da Silvana e Paola.
(Uhm, se non ho citato qualcuno, si lamenti qui sotto, ma d'altronde è una scrittura piuttosto a getto per buttare giù un po' di adrenalina che ancora gira. Whooof! Verboso, eh?)
Mi manca tutto, ma fra un anno sarà di nuovo tutto in moto.
L'unica pecca è che non sarà più la prima volta.
Caro Paolo, mi duole davvero di non esser stato presente a questo tuo primo grande trampolino di lancio. Ma, tu m’insegni, la mia sete di potere e denaro vanno ben oltre l’amicizia!!! Eheheh.. Quindi, mentre tu combattevi emozione, timidezza e quell’altro milione di sensazioni che hai cercato di condensare nel tuo racconto (figa se sei contorto!), io ricontavo e ricontavo e ricontavo schede elettorali!!! Che culo eh?!
RispondiEliminaComunque bravo, dal post sembra quasi che il teatro ti piaccia, quando in realtà sappiamo tutti che l’unico scopo di questa tua avventura da attore, è stato quello di potar passare una serata dietro le quinte con una badilata di ballerine. Lezioni, studio, spettacoli… tutto per la gnocca! Complimentoni!!!
te l'ho sempre dietro che dietro la grande arte, c'è sempre la patata.
RispondiEliminaHai ragione, non ho mai capito un tubero!
RispondiEliminabeeeeeella
RispondiEliminaBellaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
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