5.20 AM - Quando necessario, il mio sistema neurale è settato per rimettersi in moto appena prima del suono della sveglia. Alle 3 e 28 del mattino, dopo un secondo di disorientamento - sono ospite di mio fratello -, comincio a muovere i primi passi verso la Grande Avventura Salernitana, praticamente solo, con qualche minima conoscenza dei miei compagni di viaggio, con lo scudo delle tre illustrazioni stampate su forex completate appena qualche giorno prima
.Questo viaggio verso l'ignoto inizia alle 4.15, quando carico il bagaglio e salgo sul pullman che mi porterà alla Malpensa. Quest'aria di sospensione mi accompagna per tutto il viaggio attraverso la Milano deserta e notturna, del Cimitero Monumentale, delle prostitute di Via Cenisio, delle costellazioni di lampioni, dei paninari affaccendati.
Dopo aver già fatto un figurone di merda provando a scendere al Terminal 2 invece che al Terminal 1, con l'autista a suggerirmi
"Esto es Terminal dos, amigo", sbarco all'enorme e triste ultraedificio del Terminal 2 - quello che fan vedere sempre al TG, per intenderci.
7.40 AM - Si esaurisce rapidamente il disorientamento da iperstruttura, e individuo
Alessandra Fuccillo, fotografa che avevo già conosciuto in occasione di Gemine Muse di aprile, che, sperduta, sta ingegnandosi in prossimità dei banchi della Lufthansa per iniziare le operazioni d'imbarco. A conferma della Legge di Murphy, la coda più lunga che vediamo è proprio la nostra, e riusciamo a completare il check-in solo un'oretta più tardi.
Ne approfitto per fare conoscenza di altri due GAI,
Davide Ferrari e
Riccardo Rigamonti, nientepopò di meno che due membri (il terzo lo incontreremo all'arrivo) dei Kol, gruppo musical-teatrale pavese che proporrà una performance ispirata alle fotografie di Alessandra, una re-interpretazione del mito di Orfeo e Euridice. Mentre il feeling con i tre è già alto, anche grazie ai rebus della Settimana Enigmistica - tanto che consultiamo una famigliola veneta per risolverne uno impossibile, senza risultato -, ci raggiunge il quinto membro della comitiva GAI (ovviamente, Giovani Artisti Italiani),
Marta Bacigalupo, fotografa giunta directly from Genova. Ormai manca un solo membro del GAI Team,
Simone Lodovico, "ennesimo" fotografo (sono l'unico "illustratore" della combriccola), della cui sorte ci preoccupiamo con ansia sempre maggiore mentre procediamo verso il gate.
Dopo una rapida colazione, raggiungiamo l'imbarco: ad accoglierci, un enorme Hagrid in Lego e dei lunghi tapis roulant che facilitano Riccardo nel non semplice compito di trasportare il bagaglio a mano. O meglio, lo faciliterebbero, se lui non avesse scelto di risparmiare energie restando sul tapis roulant, e accompagnando a mano il suo mini-trolley, che invece procede sul pavimento.
Con sottobraccio qualche copia a caso della Stampa, del Sole 24 Ore e dell'Herald Tribune, saliamo sull'aereo. Ad accoglierci, la terza gemella Kessler in tutto il suo algido splendore.
10.25 AM - Puntuale come previsto, alle 7.40 l'aereo si stacca da terra. Ma di Simone Lodovico, nonostante le numerose telefonate di Davide, nemmanco la più infinitesimale traccia.
Viziati dall'amorevole cura della Kessler, che ci rimpinza di brioche al cioccolato congelate e succhi d'arancia, trascorriamo l'ora di volo apprendendo della produzione di una sorta di tamagochi che, per soli 30 euro, dà la possibilità di immergersi nei segreti del rosario (il tutto in bella mostra sulla prima pagina del Sole 24 Ore) e di alcune nuove teorie sul colore del becco di una stupenda specie di pennuto caraibico.
Sul volo, apprendiamo che non siamo gli unici membri dell'GAI Team pavese: giusto giusto dietro di noi, siedono il fotografo (ancora!)
Luca Bovera e la sua ragazza
Lara, con cui divideremo pane, vino e scampagnate per i prossimi tre giorni.
Dopo il check-this-out, finalmente troviamo
Martino Mocchi, il lunghissimo terzo uomo del Kol, armato di valigetta contenente tutta l'attrezzatura tecnica necessaria per la performance del gruppo, che si svolgerà mercoledì sera. Già, tutta l'attrezzatura tecnica. Solo l'attrezzatura tecnica.
Finalmente, Davide riesce a contattare Simone: il disperso ha aperto gli occhi giusto giusto alle 7.40, perdendo inevitabilmente l'aereo. E noi che ci aspettavamo che spuntasse all'improvviso, magari attaccato alle ali dell'aereo con il suo faccione sempre sorridente.
Rassicurati, troviamo il pullman che ci porterà a Salerno, e in una sonnecchiante oretta sbarchiamo nel solare capoluogo di provincia, accompagnati durante tutta la traversata dall'appassionato e durissimo limonare di due olandesi, pastrugnanti manco avessero 15 anni. Osservo la roboante meccanica del bacio, e, iptonizzato dalla sua liquida ciclicità, mi abbiocco.
11.30 AM - Nonostante l'esterno sfregiato dalla salsedine, il Grand Hotel Salerno, l'albergo che ci ospiterà in questa settimana, è di una monumentalità imperiale: quattro piani di palazzone nero e grigio sormontato da una grande piattaforma rossa - per accogliere gli elicotteri, a quanto pare -, il tutto a due passi dal mare. È un quattro stelle d'altronde.
Sopraffatti da tanto lusso, attraversiamo la porta girevole, impreziosita dall'inquietante presenza di due manichini senza testa vestiti di tutto punto. Nella hall, diventa palese che il GHS è la causa del buco nell'ozono, dello scioglimento dei ghiacci e del conflitto medio-orientale: la temperatura è di circa 15 gradi sottozero, grazie al massiccio sfruttamento di aria ubercondizionata.
Rabbrividendo, facciamo conoscenza degli splendidi occhioni verdi di
Chiara Varriale, la responsabile dell'Ospitalità e di chissà quante altre cose per SalernoInVita, nonchè misteriosa voce che mi aveva contattato nelle settimane precedenti - oltre che per le ovvie questioni organizzative - perchè al posto della mia biografia le avevo inviato la
recensione degli En Roco. Puro genio.
Fornito di chiave-tessera della stanza e del badge esclusivo che mi garantirà accesso alle più recondite aree di questa manifestazione, mi reco in camera, non prima di aver attraversato i corridoi azzurrini e un po' inquietanti del quarto piano. Il GHS è un labirintico translatlantico dai mille piccoli led a proiettare coni di luce sui numeri delle stanze, dei mini-appartamenti arredati con ogni mobilia concepita dall'uomo oppure spaziose triple, come la mia, occupate temporaneamente da una persona sola.
Già, perchè il buon "vecchio" Simone Lodovico sarebbe dovuto essere il mio compagno di camera.
15.45 PM - L'appuntamento per il pranzo è alle 13.30, per cui mi prendo un po' di tempo per rinfrescarmi e poi addormentarmi un'oretta guardando "La prova del cuoco" tedesca. Sembrava parecchio appetitoso quel melone riempito di broda giallognola.
Mi avventuro in una breve esplorazione dei dintorni dell'albergo, solo per confermare i miei peggiori sospetti circa le abitudini di guida dei Salernitani, lanciati a velocità assurde e costantemente impegnati in manovre al limite della fisica. Ritorno nella hall e recupero alcuni dei miei compagni di viaggio: la primameta è l'Embarcadero, il ristorante convenzionato che ci offrirà i pasti durante la permanenza. Il ragazzo della reception ci aveva tranquillizzato, affermando che il ristorante si trovava a circa 500 metri dall'albergo, ma l'infinita traversata sotto il sole battente grida altrimenti. All'arrivo, un chilometro e mezzo dopo, ci riuniamo a Marta, Luca e Lara all'entrata di un portichetto sul lungomare con vista mozzafiato - in tutti i sensi.
Un'allegro raggruppamento di giovani e meno giovani di tutte le parti d'Italia si avventa sul primo, servito dal burbero e pittoresco
ToupèSudato, un omone con i capelli fradici incollati alla fronte, tanto sudato da poter condire un'insalata solo strizzandosi un capello. E di infatti il contorno è stranamente saporoso. Alla richiesta di una seconda bottiglietta d'acqua, ci viene ribattuto con sgomento che ogni aggiunta al menù (primo - secondo - 50cl d'acqua) è "fuori voucher": d'ora in poi, tutto, dalla forchetta all'esistenza stessa sul pianeta Terra, sarebbero stati categorizzati come "dentro" e "fuori voucher". A otto ore dalla partenza, siamo già al primo tormentone. In un gesto di somma magnanimità, il Sudato ci condona gentilmente gli extra. Noi, ringraziamo lui e il suo compare Matteo, gentilezza e simpatia sopraffina, e ci prepariamo al peggio. Ma, la provvidenziale Chiara illumina - giustamente - i sette, impauriti dalla prospettiva di una traversata pomeridiana e postmangereccia sotto un sole a picco sull'Apocalisse, offrendoci la possibilità di un ritorno al GHS in navetta. Siamo davvero troppo viziati.
20.00 PM - Smaltito il "pranzo per conoscerci meglio", alle 18.30 ci aspetta la navetta che ci porterà al Complesso Monumentale di Santa Sofia, una chiesa sconsacrata che ospita la mostra per cui, alla fine della fiera, siamo qui. Dopo una breve scarpinata nei suggestivi e sublimemente decadenti vicoletti di Salerno, eccoci di fronte alla chiesa, dove ci aspettano
Francesca Porreca, la nostra stupenda coordinatrice, la fautrice di questo meraviglioso salto nel buio artistico, accompagnata dal fratello Riccardo.
Francesca annuncia che Simone prenderà il treno in serata, per arrivare la mattina successiva. Figata, stanza tripla da solo per una notte. Qui conosciamo anche Mariasole, detta
Sole, e
Nicola, due GAI di Forlì, che avremo modo di conoscere ampiamente nei prossimi giorni. È il primo impatto con questo piccolo mondo di "creativi" e "residenti", con i vari personaggi che caratterizzeranno questa sette giorni. La mostra, che raccoglie tutti gli artisti visivi chiamati per SalernoInvita, poteva oggettivamente essere valorizzata di più: se la Chiesa vera e propria ospitava le opere video e di design (plauso a
Luca Caimmi,
Nicolò Zignoli e
Andrea Chiardi, su tutti), creando un forte impatto visivo a sostegno della fruizione del tutto, specie per quanto riguarda la scelta di isolare i video nelle nicchie delle navate laterali, il primo piano, con le opere pittoriche e di fotografia, non ha certo dato molto lustro ai lavori, con molte opere concentrate in poco spazio e una poco gratificante illuminazione a unico binario centrale. Niente di drammatico - anzi, possiamo davvero lamentarci poco, vista l'evidente cura -, ma forse sarebbe bastato poco per dare un po' di lustro al tutto. Questa situazione è stata peggiorata dal sottoscritto, che ha mandato ingenuamente spedito delle stampe piuttosto piccole, meno leggibili e d'impatto, con la conseguenza diretta dell'isolamento dei miei tre lavori in un angolino alla fine della saletta.
Finita una rapida scorsa - rivedremo il tutto con più calma nei prossimi giorni -, il GAI Team Pavia si dirige verso il centro, dove sta per avere inizio una lunga serata di performance.
22.13 PM - Già ricevo qualche apprezzamento per le opere in mostra, ma non c'è neanche il tempo di ringraziare che siamo già immersi nel vitale caos delle performance in strada.
Prima
Il tuo cervello è più intelligente di te, performance della compagnia di balletto
Leggere Strutture con musiche del versatile e bravissimo
Davide Fasulo, qualcosa che lascia incantati noi ed esterefatti i passanti, di certo poco abituati a un balletto così lontano dagli "schemi", per di più in piazza.
Proseguiamo lungo Corso Vittorio Emanuele e ci imbattiamo nelle
Les Filles Follen, un duo catalan-salernitano che porta in strada una sorta di duello fra una rossa e una bionda dal titolo "
Entrata con consumazione: due ragazze fumano una sigaretta in soli 30 secondi". Le due si studiano in una square dance a colpi di sigaretta, danzano, quasi si baciano, poi, alternandosi, si spippacchiano una sigaretta in mezzo minuto spaccato.
Si continua poi con la performance per bambini
Luna e l'altra, con i cantastorie siderali
Eloisa Gatto e
Carlo Rosselli. Ma il momento più alto e incredibile è quello dei
Nipoti di Bernardone, due fulnambolici clown impegnati a indispettirsi a vicenda, prendere di mira qualche bimbo un po' scemotto pescato dal pubblico e rischiare quantomeno i peli delle braccia con clave infuocate. Esilarante e magico.
Purtroppo, non arriviamo in tempo per vedere
Tabù Kaboom, ma vediamo il loro cartellone "omonimo", presagio di future tragedie.
In attesa di cenare, facciamo un salto al Lungomare: Davide e Riccardo individuano subito un negozietto che, a un prezzo irrisorio, li rimpinza di pizza fritta. Io sbavo un po', ma voglio conservarmi per il mega pasto celebrativo in arrivo. Peccato, perchè tutto sembra cospirare contro di me, anche i piedi: le Converse nuove di zecca devono ancora conformarsi al tallone, e comincia una lenta tortura che, inevitabilmente, porterà alla nascita di due belle vescichette succose con cui cercare di convivere per qualche giorno.
01.45 PM - Noi ancora non lo sappiamo, ma l'Ave Grazia Plena Senior è il tempio delle fantomatiche Residenze. Urge spiegazione: SalernoInvita è un capitolo di una manifestazione più grossa,
SalernoCreativa, che ha interessato la città dal 25 giugno (data fondamentale per il successo dell'operazione - eheheheh), con una vagonata di eventi culturali, tra concerti, spettacoli e performance di vario tipo. In questo periodo, un gruppo di musicisti, attori e performer è stata ospite del suddetto ostello: unica condizione, la creazione di opere da presentare nella settimana di Salerno Invita, dal 25 al 31 luglio. Siamo all'inizio del clou della faccenda, insomma.
Arriviamo nel caos calmo dell'ostello, dove, in un sorridente cortile, sono già pronti i coperti per tutti gli ospiti GAI . Pian piano, il posto comincia a pullulare dei personaggi che abbiamo intravisto e continueremo a conoscere - anche da lontano - nei prossimi giorni.
Dopo qualche minuto di attesa, veniamo accompagnati alla nostra tavolata: subito, un cameriere addetto SOLO alla distribuzione delle acque minerali ci fornisce della preziosa bevanda, ma continuerà circospetto a controllare la situazione, arrivando persino a sostituirci bottiglie ancora piene... Creepy.
Dopo un primo a base di linguine a limone e panna, o, come concorda il buon Riccardo, alla "NelsOn, liquido dei piatti" per il suo massiccio peso specifico, arriva l'immenso presidente della manifestazione,
Paolo Apolito, detto Apolide o il Canuto, o semplicemente Amedeo Minghi per via della sua lunga e argentea chioma. Il nostro fa splendidamente gli onori di casa, in un discorso "in quattro punti e una pernacchia" in cui esalta il nostro ruolo di creativi, di creatori di bellezza, e l'affiatamento con cui siamo invitati a vivere l'avvenimento. Un discorso energico, appassionato, lungimirante, divertente, lunghissimo, e con tragedia finale: mentre viene servito il secondo, un misterioso gavettone bombarda dall'alto un'ignara cameriera, che sviene e viene addirittura portata in ospedale per accertamenti.
L'attentato, sinistramente preannunciato dalla presenza del famoso cartello "Kaboom" proprio nel punto esatto dell'impatto, trasfigura la serata: un gruppo di artisti si lancia ai piani superiori, all'assalto del terrorista. Mentre la caccia all'uomo ha inutilmente inizio e volano insulti verso l'invisibile teppista, il placido GAI Team di Pavia comincia a servirsi e consumare il pasto senza colpo ferire.
La situazione torna lentamente alla normalità, a una normalità elettrica in realtà, e il buon Apolito viene personalmente a scusarsi per l'accaduto. Un ringraziamento in quattro punti e una pernacchia. No, si scherza... anzi, gli evidenziamo la sinistra coincidenza del Kaboom con suo divertimento.
Come a calmare ulteriormente gli animi, un cameriere viene addirittura a offrirci una bottiglia di vino. Alessandra, fino a quel momento vittima del tour de force pre viaggio, alza la testa per rispondere all'offerta...
- Desiderano del vino?
- Boh, veramente, non so cosa sia...
- Offre la direzione...
- Allora sì!
La serata si conclude con le milioni di teorie sull'attentato, con Riccardo che rammenta a tutti la differenziazione tra
mellone - l'anguria - e
mellonepane - il melone -, e la volontà di sostituire Simone "Lost" Lodovico con un simpatico alberello con cappello giusto per non farmi sentire troppo solo in camera, qualche caffè espressamente richiesto "fuori voucher" e una traversata verso l'albergo che mi priva definitivamente dell'uso dei piedi.
Mentre perdo i sensi sul cuscino, realizzo che domani sarà l'inferno.