buzzoole code A Paul's Life: London Calling, Paolo Answering... Day 3

martedì 4 settembre 2007

London Calling, Paolo Answering... Day 3

The following takes place between 8.00 AM and 9.10 PM
of Tuesday 28th August, 2007


10.50 am: Ana Lucia si decide a servire a me e a Max la "gustosa" colazione tradizionale a base di uovo sodo, salsiccia, bacon e fagioli. Sorprendentemente, il mio apparato digerente sembra molto invogliato a metabolizzare il tutto.
Ed eccoci poi ripiombare nel cuore di Londra, la città famosa per essere in provincia di Londra. O forse di Bergamo. Già dal viaggio in metropolitana, anzi... excuse me... in Underground (e MIND THE GAP! [che somiglia sorprendentemente a MA-STI-GHEZZ...]), ci si accorge dell'eccessiva presenza di connazionali italiani, tutti diretti al British Museum, nostra meta della mattinata. Però, provvidenzialmente, sbagliano tutti strada. Intendiamoci, anche noi - anzi, anche io l'ho sbagliata un paio di volte. Era un fottuto incrocio e i cazzo di nomi delle vie non si vedevano. Però alla fine, guidati dall'enorme statua di Freddy Mercury che dominava la facciata di un teatro (imperversa il musical We Will Rock You! in città, e passando davanti all'ingresso dell'edificio non posso trattenere una lacrimuccia sentendo Somebody to love), eccoci innanzi al British Museum.

1:00 pm: Ci sono solo fottuti italiani in tutto il fottutissimo museo. In ciabatte per di più. Attraversata in fretta e furia la parte egiziana, ci si intrattiene a contemplare una serie di magnifiche statue cinesi e indiane, in particolare un luohan (uomo che raggiunge il nirvana) che dalla faccia sembrava molto simpatico. Peccato fosse mmmorto.
In cima a una scalinata infinita, ci aspetta l'area dedicata al Giappone, nella quale l'atmosfera quasi religiosa impone un silenzio rispettoso. Ci si avvicina circospetti a un'antica corazza samurai che sembra Darth Vader, e si osserva con pupilla dilatata una serie di stampe meravigliose. Peccato fosse mmmorto.
All'uscita del museo, conduco the Brigade in una fumetteria antistante il museo, dove Max sembra improvvisamente innamorarsi della lingua inglese grazie a una edizione di Naruto particolarmente figa - anzi, cool - anzi, il top. Pur non desiderando di uscire, siamo costretti ad andarcene dalla fame strisciante che ci attanaglia: tornati all'incrocio, ci gettiamo (con somma soddisfazione di Eleonora) su un Eat., catena non dissimile dalla già citata Pret-A-Manger. Che infatti aveva una filiale due metri dopo. Rinvigoriti da una sana porzione di spaghetti ai gamberetti consumata in un incrocio, ci dirigiamo verso...

1.45 pm: ... il Cartoon Museum. Nascosto tra le pieghe del mondo, questo delizioso museo offre una collezione piuttosto limitata ma pur sempre interessante di tavole a fumetti originali, soprattutto di artisti satirici britannici. Al primo piano, alcuni lavori di leggende come Reg Smythe e Chester Gould, altre tratte da riviste di grande fama presso noi fumettari come 2000 AD, ma soprattutto una mega-tavola originale del Re, Jack Kirby. Mi fermo qualche minuto nella saletta attrezzata per i novelli disegnatori (leggasi: bambini in cerca di sfogo dopo cotante immagini), e schizzo un bel SuperYeah completo di baloon in inglese, sperando che qualche buonanima lo affigga nella bacheca dedicata alle giovani promesse.

2.55 pm: A causa dell'insistente Eleonora, ci infiltriamo in Neal's Yard, una gradevole piazzetta circondata da palazzoni coloratissimi e localini eccentrici. Dopo le foto di rito, ci rigettiamo nel pot-pourrì della città che dorme solo dopo le 23, Londra: in men che non si dica, attraversando oceani di persone e contando circa settemila Starbucks nel giro di un chilometro, siamo lì, dove nessun D'Alessandro Paolo è mai stato prima. A Piccadilly Circus.
Enorme, spropositato, colossale. Luminoso. Ma soprattutto, il top.
Approfittiamo dell'ora presta per acquistare le cartoline presso un negozio gestito da turchi un po' spaccamaroni che ci stanno con il fiato sul collo tutto il tempo. Poco dopo, Max si decide ad acquistare la famosa maglietta "Mind the Gap" da una gentile inglesina che finge di capire i turbamenti del nostro, derivanti dall'assenza di una XL per la versione della maglietta con sfondo scuro.
Salto al Virgin Megastore, e anche qui altro mega-assembramento di italiani. Agli occhi del vostro umile diarista si presenta questa curiosa scena: un paio di allegre italiche si aggira nel negozio cercando chissà che. All'improvviso, decidono di rivolgersi a un simpatico commesso, che fatalmente... è italiano! Non sapete quanta voglia avessi di unirmi alla combriccola con un mandolino in mano urlando "Uè, paisà!"

4.31 pm: Conoscendo Max, mi ero appuntato l'indirizzo dell'Apple Store locale. 235, Regent Street. Usciamo dal Virgin e, con somma meraviglia, ecco Regent Street. Non abbiamo una emerita begogna da fare, per cui gambe in spalla e via verso il negozio.
Dopo settecento chilometri a piedi, ecco spuntare fra le insegne una bandiera nera con il blasone della mitica azienda informatica. Max è in estasi, la Ele comincia a dare segni di piacere, io voglio solo sedermi.
Grazie al cielo, siamo in Gran Bretagna: al piano terra, una schiera infinita di computer connessi perennemente a Internet e disponibili per la consultazione gratuita. Una cosa che in Italia manco ce la sognamo. Ne approfitto per controllare lo stato delle mie finanze e qualche altro affarino in sospeso. Poi seguo il trasognato Max, che somiglia sempre di più al luohan del British Museum nel suo viaggio nirvanico attraverso le mille meraviglie esposte in quest'angolo di paradiso tecnologico.
Poi però ci rompiamo e lo portiamo fuori.

7.15 pm: Hamley's, ovvero il Paese dei Balocchi. Un palazzo di cinque piani interamente occupati da giocattoli. Assolutamente estasiante. C'è roba che non vedevo dalla prima infanzia, puttana eva. Ci sono le spadine laser! C'eè la maschera di Optimus Prime! Ci sono i berrettini con le cannucce per le bibite! CHEEE STOOOORIAAAAA! (Ah, anche qui, metà della popolazione di Barletta)
Sfiancati dalla camminata interminabile, torniamo a Piccadilly Circus e decidiamo di approvvigionarci di libagioni presso un PizzaHut, il corrispettivo internazionale del nostrano Pizzarito: un ristorante vagamente lounge e tutto sommato economico dove consumare in pace una pizza fatta all'americana, indi spessa ma gustosa.
Qui una bambinetta dolcissima comincia a fissarci e a muovere i muscoli facciali in modi mai visti prima. È qui che realizziamo che qualcosa nella Ele non va per niente: la bambina comincia a sgranare gli occhi nella sua direzione, allarmata; la stessa Eleonora comincia a non sapere come reagire. Il suo disperato tentativo di suscitare simpatia attraverso le smorfie non inganna la giovane vittima, che sembra aver scoperto la verità prima di noi. Eleonora è Ultron, un freddo robot mutaforma costruito con lo scopo di sostituire la razza umana, e la sua programmazione non prevede il contatto con i bambini.

8.20 pm: Sconvolta dalla rivelazione, ma soprattutto costretta all'immobilità da gambe gonfie come quelle di Giuliano Ferrara, la Brigata muove verso l'albergo, silenziosamente. Quel che rimane della serata sarà impiegato a scoprire i segreti reconditi della programmazione di Ultron, mentre questa gioca al suo nuovo videogiochino, che ha come protagonista il misterioso NERODURO. Misteri dei droidi.





4 commenti:

  1. Incredibile… sospettavo che nella Ele ci fosse qualcosa di strano! Comunque una bella giornatina a spasso tra musei e templi del consumismo estremo eh… bravi! Invece qui c’era gente come il povero Tia che passava giornate intere ad affettare salumi e a sostituire i turni degli altri!!! Complimenti!!!

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